Affabulazioni

Un amore

14.02.2024
“Tante volte era rimasto in ammirazione di fronte a un paesaggio, a un monumento, a una piazza, a uno scorcio di strada, a un giardino, a un interno di chiesa, a una rupe, a un viottolo, a un deserto. Solo adesso, finalmente, si rendeva conto del segreto.
Un segreto molto semplice: l’amore. Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi, le montagne, i mari, le valli, le steppe, di più, di più, le città, i palazzi, le pietre, di più, il cielo, i tramonti, le tempeste, di più, la neve, di più, la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d’amore.
Quanto era stato stupido a non essersene mai accorto finora. Che interesse avrebbe una scogliera, una foresta, un rudere se non vi fosse implicata una attesa? E attesa di che se non di lei, della creatura che ci potrebbe fare felici? Che senso avrebbe la valle romantica tutta rupi e scorci misteriosi se il pensiero non potesse condurci lei in una passeggiata del tramonto tra flebili richiami di uccelli? Che senso la muraglia degli antichi faraoni se nell’ombra dello speco non potessimo fantasticare di un incontro? E l’angolo del borgo fiammingo che ci potrebbe importare o il caffè del ‘boulevard’ o il ‘suk’ di Damasco se non si potesse supporre che anche lei un giorno vi passerà, impigliandovi un lembo di vita? E l’erma cappelletta al bivio col suo lumino, perché avrebbe tanto patos se non vi fosse nascosta un’allusione? E a che cosa allusione se non a lei, alla creatura che ci potrebbe fare felici?
Era una intuizione così bella e geniale che in altre circostanze egli ne avrebbe avuto soddisfazione. Ma, proprio per la sua esattezza, oggi a lui procurava solamente dolore. L’espressione degli alberi fuggenti corrispondeva infatti alla condizione del suo amore; il quale era stolto e disperato. Egli correva in direzione di lei benché sapesse che laggiù lo aspettavano soltanto nuovi affanni, umiliazioni e lacrime. Ma lui correva a perdifiato ugualmente, il piede premuto con tutta la forza sul pedale, per la paura di perdere un minuto.
“Ora si accorge che, per quanto egli cerchi di ribellarsi, il pensiero di lei lo perseguita in ogni istante millimetrico della giornata, ogni cosa persona situazione lettura ricordo lo riconduce fulmineamente a lei attraverso tortuosi e maligni riferimenti. Una specie di arsura interna in corrispondenza della bocca dello stomaco, su su verso lo sterno, una tensione immobile e dolorosa di tutto l’essere, come quando da un momento all’altro può accadere una cosa spaventosa e si resta inarcati allo spasimo, l’angoscia, l’ansia, l’umiliazione, il disperato bisogno, la debolezza, il desiderio, la malattia mescolati tutti insieme a formare un blocco, un patimento totale e compatto. E capire che la faccenda è ridicola, stolta e rovinosa, che è la classica trappola in cui cadono i cafoni di provincia, che chiunque gli avrebbe dato dall’imbecille e che perciò da nessuno può attendersi consolazione, aiuto, o pietà, consolazione e aiuto possono venire unicamente da lei ma lei di lui se ne frega, non per cattiveria o gusto di far soffrire solo che per lei egli non è che un cliente qualsiasi, del resto cosa ne sa Laide che Antonio è innamorato? non le può passare neppure per la mente, un uomo di ambiente così diverso, un uomo di quasi cinquant’anni. E gli altri? la mamma, gli amici? Guai se sapessero. Eppure anche a cinquant’anni si può essere bambini, esattamente deboli smarriti e spaventati come il bambino che si è perso nel buio della selva. L’inquietudine, la sete, la paura, lo sbigottimento, la gelosia, l’impazienza, la disperazione. L’amore!
Prigioniero di un amore falso e sbagliato, il cervello non più suo, c’era entrata la Laide e lo succhiava. In ogni più recondito meandro del cervello in ogni risposta tana e sotterraneo ove lui tentava di nascondersi per avere un momento di respiro, là in fondo trovava sempre lei; che non lo guarda neppure, che non si accorge neppure di lui, che ridacchia a braccetto di un giovanotto, che balla inverecondi balli manipolata in ogni parte del corpo dal partner sudicione e maligno, che si spoglia sotto gli occhi del ragionier Fumaroli conosciuto un minuto prima, maledizione sempre lei, insediata selvaggiamente nel suo cervello, che dal suo cervello guarda gli altri, telefona agli altri, tresca con gli altri fa l’amore con gli altri, entra esce parte sempre in agitazione frenetica per una quantità di sue particolari faccende e traffici misteriosi.
E tutto quello che non era lei, che non riguardava lei, tutto il resto del mondo, il lavoro, l’arte, la famiglia, gli amici, le montagne, le altre donne le migliaia e migliaia di altre donne bellissime, anche molto più belle e sensuali di lei, non gliene fregava più niente, andassero pure alla totale malora, a quella sofferenza insopportabile soltanto lei, Laide, poteva portare rimedio e non occorreva neppure che si lasciasse possedere o fosse specialmente gentile, bastava che fosse con lui, al suo fianco, e gli parlasse e magari controvoglia fosse costretta a tener conto che lui almeno per alcuni minuti esisteva, solo in queste pause brevissime che capitavano di quando in quando e duravano un soffio, soltanto allora lui trovava pace. Quel fuoco all’altezza dello sterno cessava, Antonio tornava a essere se stesso, i suoi interessi di vita e di lavoro riprendeva ad avere un senso, i mondi poetici a cui aveva dedicato la vita ricominciavano a risplendere degli antichi incanti e un sollievo indescrivibile si spandeva in tutto il suo essere. Sapeva, è vero, che tra poco lei se ne sarebbe andata e quasi subito lo avrebbe di nuovo uncinato l’infelicità, sapeva che dopo sarebbe stato ancora peggio, non importa, il senso di liberazione era così totale e meraviglioso che per il momento non pensava ad altro.”
“Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi, le montagne, i mari, le valli, le steppe, di più, di più, le città, i palazzi, le pietre, di più, il cielo, i tramonti, le tempeste, di più, la neve, di più, la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d’amore.”
Dino Buzzati, da “Un amore”, 1963
*****
In evidenza: Dino Buzzati, “Ritratto di donna”, 1971

Lascia un commento