“Terra di reminiscenze bibliche, dai richiami nostalgici di un passato martoriato e glorioso, terra di aneliti di libertà e di lotte di sopravvivenza, terra di cime innevate, di laghi sospesi nell’azzurro, di ruvide pietre scolpite a merletto, l’Armenia è la patria di uno dei popoli più antichi del Vicino Oriente con una sua distinta e propria fisionomia etnica, linguistica, politica e culturale, con una storia di più di venticinque secoli e un patrimonio di cultura e di arte ben superiore in proporzione alla consistenza del suo numero, del suo territorio, del suo potere politico.”
Lévon Boghos Zékiyan
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Antasdan
(Benedizione per i campi dei quattro angoli del mondo)
“Nelle plaghe d’Oriente
sia pace sulla terra…..
non più sangue, ma sudore
irrori le vene dei campi,
e al tocco della campana di ogni paese
sia un canto di benedizione.
Nelle plaghe dell’Occidente
sia fertilità sulla terra….
Che da ogni stella sgorghi la rugiada
e ogni spiga si fonda in oro,
e quando gli agnelli pascoleranno sul monte
germoglino e fioriscano le zolle.
Nelle plaghe dell’Aquilone
sia pienezza sulla terra…..
Che nel mare d’oro del grano
nuoti la falce senza posa,
e quando i granai s’apriranno al frumento
si espanda la gioia.
Nelle plaghe del Meridione
sia ricca di frutti la terra….
Fiorisca il miele degli alveari,
trabocchi dalle coppe il vino,
e quando le spose impasteranno il pane buono
sia il canto dell’amore.”
Daniel Varujan (poeta armeno), in R. Zartarian, “Meghaked” – Traduzione di Boghos Levon Zekiyan, 1914
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“Quando mi ostino a coltivare la speranza,
non rendo la notte più buia.
Alla fine del giorno,
tutti costruiamo la torre di Babele,
siamo la nostra memoria, e quella dei nostri avi.
Un indirizzo anonimo.
Mi figuro la gravità tra due fiori
della quale sono parte
i colori che si svelano.
E quando i fiumi recuperano la visione perduta, quella è la mia voce.
Anche la gentilezza è crudeltà,
in un unico modo.
A questo mondo ogni cosa ha una lingua,
uno stile e un profumo:
L’alfabeto dei fiori inizia da te.
Dolore senza paragone. Nuvole senza cielo.
E il mare non riesce a lambire la sua spiaggia.
Ti ho fatto dono della quarta stella su tre, perché
si è rivelata la più reale. Mai e poi mai
viaggerei in treno – che senso ha viaggiare se già conosci la destinazione
e i paesaggi di là del finestrino?
La verità non è ciò che è possibile proferire.
E una persona è sola soltanto quando non è con se stessa.
Il fiore è quasi te…
il modo in cui appare diverso a mezzogiorno,
al tramonto, e cambia
a ogni raggio di luce.
E assume un colore particolare e unico quando si erge tra mezzogiorno e tramonto…
Che accada l’impossibile.”
Vardan Hakobyan (poeta armeno)
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L’irraggiungibile
“Gli uccelli portavano nei becchi brandelli di distanza
e io li usavo per rammendare i sogni.
Le stelle portavano sulle punte frammenti di sogni
e io li usavo per riparare ciò che è lontano da me.
Gli abissi portavano sulle onde schizzi dell’irraggiungibile
e io me ne servivo per orientare il desiderio.
Poi con il sogno la distanza e il desiderio ho costruito la casa
e la abito con i versi d’amore.”
Vardan Hakobyan (poeta armeno), “L’irraggiungibile”
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Alex Ruiz, “Starry night”
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In evidenza: Foto di Andrea Ulivi