...Ma le nostre scuole sono ancora così?
“1. Quando il primo impatto scoraggiante si ha con la materialità di testo e contesto: un sovraccarico di traffico inquinante, un edificio che si direbbe privo persino dei normali requisiti di agibilità e sicurezza, disadorno come un lazzaretto, malandato e mal pulito (basta, al proposito, un’occhiata a interstizi e angoli morti, o una semplice visita ai cessi). Superato il consueto, letale e parossistico turbinio di lamiere in movimento, la meglio gioventù va quotidianamente a rinchiudersi nelle celle di un mausoleo insalubre. L’apprendimento nelle strutture della scuola pubblica si avvia fin da subito su una strada dissestata e in salita.
2. Quando gli spazi, anche i più ampi (cortile, aula magna), non possono ospitare più di trecento ragazzi. Ma allora, perché la struttura ne accoglie oltre mille?
3. Quando in un’aula i ragazzi possono essere stipati anche in trenta. E i banchi sono, per i corpi svettanti delle nuove generazioni, tragicamente inadeguati. In compenso l’acustica è pessima (subito oltre la finestra c’è il frastuono del traffico), al punto che a seguire la lezione riesce a malapena chi sta nelle prime file.
4. Quando gli esperimenti delle materie scientifiche non possono tenersi negli appositi laboratori. Acqua e gas non sono disponibili, gli allacci non sono attivi, i finanziamenti pubblici non arrivano. A sostituirli è chiamata l’immaginazione, che è gratis.
5. Quando la ginnastica si fa in una palestra praticamente spoglia, e il cortile interno è trasformato in uno spazio volonteroso per pallavolo e calcetto. Ma mille corpi di adolescenti non reclamano per esercitarsi e irrobustirsi spazi meno esiguamente ridicoli?
6. Quando la ricreazione mattutina, nell’arco delle cinque ore di lezione, dura quindici minuti. E mille e passa giovani, in così poco tempo, dovrebbero fare una refezione decente e utilizzare alla bisogna i pochi bagni disponibili. Altrove (in Francia e Germania, ad esempio), gli intervalli sono di venti minuti ogni due ore. Da noi vige ancora la concezione carceraria dei quindici minuti, concessi per una fin troppo generosa boccata d’aria.
7. Quando l’esodo in massa per una eventuale emergenza si abbatterebbe a valanga su una barriera di motorini accuratamente parcheggiati a sbarrare l’uscita principale.
8. Quando nelle grandi strutture, dove per varie ragioni affluisce numeroso il pubblico, l’informazione viene fornita attraverso totem informatici interattivi costantemente aggiornati. E nella pubblica scuola, più o meno come cent’anni fa, si ammanniscono avvisi cartacei penzolanti dai muri in variopinta arlecchinata pauperistica.
9. Quando i ragazzi frequentano abitualmente discoteche e multisale, stadi e musei, centri commerciali e villaggi turistici che di ogni abbondanza e sfarzo fanno sfoggio. E nel luogo di impegno scolastico quotidiano – la conquista di conoscenza e sapere! – si ritrovano a patire un concentrato di squallore, deprivazione, penuria.”
Gian Carlo Marchesini, da “Quando”, 2005
*****
In evidenza: Jan Steen, ,”La scuola del villaggio”, 1670