La foglia contiene già in sé l’albero
“La foglia contiene già in sé l’albero
il profilo dell’uomo contiene la sua serata
La nuvola contiene in sé l’orizzonte
e la memoria è una ferita
sulla tempia di una statua olimpica.
La mela si erge sopra un collo inesistente,
testa vegetale
e il titolo è sempre necessario,
sempre necessario.
Mentre la nuvola entra nella nostra intimità,
e il mondo vegetale si mischia con quello animale,
i vestiti si mischiano col corpo
le funzioni col mezzo (l’uccello col cielo)
una mela ascolta invadente
e noi, con le nostre tre lune,
guardiamo i pani sfilare nel cielo,
e dalla finestra, inquietanti,
ci guardano scomposti
cinquanta dei nostri ii
orrenda
vendemmia di morte.
Mentre un uccello di pietra
vola
in un cielo dipinto
delle nostre facce
addio sole,
triste sul vestito nero.
Carlo Bordini, “Magritte”, da “I costruttori di vulcani”, 2010
Dal cielo un cavaliere
“Dal cielo un cavaliere
galoppa verso i boschi,
una amazzone
attraversa foreste
che l’attraversano.
La chiave dei sogni
è la chiave dei campi è
il ricordo d’ogni viaggio è
i territori metafisici.
Spuntano dal picciolo di una foglia
seriali stratagemmi per estrarre spaventi,
copie fedeli,
un farsi appresso al candore
e al bagnato
laborioso timore,
come un leone che tra allori e trombe vola,
un macigno innalza in volo il suo castello,
una mela invade la stanza di lettura;
quello che la memoria nostra tantalizza
ricopre i cieli di tormenta,
abbatte misteriose barricate
con una luce tutta discernimento.
Gli occhi fertili
creano scie di giorni,
crepuscoli che filtrano
dentro il mondo visibile
padiglioni
di spazio frastornato.
Nubi Magritte saranno veloci per sempre.”
Ida Vitale (poetessa uruguayana), “Homenaje a Magritte”, da “Jardín de sílice”, 1980
“L’uovo è un monumento chiuso, un automonumento, piano regolatore della creazione.
Ad esempio la torre di Pisa, l’uovo non suol tenersi in piedi. Nessuno ignora che la torre ama emigrare durante la notte. Del resto ella sussiste solamente perché sorretta da una piuma in un quadro di René Magritte.
Lo stesso pittore, in un altro quadro, Le vacanze di Hegel, mostra un ombrello aperto: in coma sta un bicchiere che contiene un liquido. Evidentemente tutti gli osservatori patiscono della stessa illusione ottica scambiando il bicchiere per un uovo, del resto più affine al pensiero del filosofo.
L’uovo, oggetto concreto d’alto coturno, carissimo, quasi inaccessibile: diamante del povero.
Nel mio tempo d’infanzia, con la notte già alta due metri, non udivo più il tic-tac dell’orologio, ma piuttosto il pulsare dell’uovo nel suo tuorlo, mai nella sua chiara.
In tempo ancora più remoto della mia vita, avevo paura dell’uovo. La paura: ci fornisce una carta d’identità, facendoci affronta qualcosa di reale, la paura stessa. La paura è l’uovo della successiva avventura.”
Murilo Mendes, “L’uovo”, da “Poliedro”, 1972