“Per ore e ore i rappresentanti dei media sfilano davanti al mio capezzale e solo in quel momento realizzo l’impatto di ciò che mi è accaduto. Certo non sono l’unica donna picchiata del Paese, purtroppo, ma sono stata la prima a scatenare una reazione così imponente. Mi sorprende che i giornali si buttino pieni di indignazione su una storia di aggressione. Mai visto prima! Di solito prestano pochissima attenzione ai problemi delle donne e, intervista dopo intervista, finisco per chiedermi se sono una martire o, mio malgrado, una militante…
Accetto di darmi in pasto ai media perché penso sia indispensabile suscitare il dibattito sui problemi della nostra società, se vogliamo che sia la società stessa a risolverli. Io, la presentatrice che chiedeva alle donne di raccontare la loro storia, come posso rifiutare di rendere pubblica la mia?
È allora che ho capito quanto sia più difficile raccontare che ascoltare. Ma mi sono anche resa conto che la mia gente vuole cambiare, anche se non sa come farlo. Non si può dire dall’oggi al domani: “Abbiamo sbagliato a comportarci così con le donne”.
È un passo molto difficile. Ma prima di tutto è importante mettere al corrente l’opinione pubblica, incitarla a trovare delle soluzioni.
Il giorno dopo, il mio orribile ritratto campeggia su tutte le prime pagine e MBC FM manda in onda la mia intervista. È un momento durissimo, immagino i commenti:
“Era tanto bella…”
Eh, sì, e non lo è più! Tutt’altro! E non è solo lo specchio a rimandarmi la terribile immagine del mio volto devastato, ma anche le prime pagine dei quotidiani, lo schermo della tivù. Non vivo più il mio dramma da sola, nell’intimità di una stanza d’ospedale, l’ho svelato a tutti e tutti hanno scoperto questa faccia distrutta per sempre. Speriamo solo che capiscano che sorte è riservata talvolta, qui da noi, alle donne.
Questo è il problema. Chiedere delle riforme radicali significa prendersela con una cultura maschile che ha radici profondissime e in cui la donna non ha molto spazio al di là della cucina e del letto.
In Arabia Saudita le decisioni spettano solo a quelli che fanno parte delle classi sociali più elevate, che non conoscono più la tradizione popolare e non sentono, non capiscono le rivendicazioni della classe media.
Ecco perché sono capitata al momento giusto con i miei occhi cerchiati e la faccia spappolata. Sono capitata al momento giusto perché sono conosciuta, famosa. Il Paese è abituato a vedere il mio volto in televisione. Non sono più soltanto una donna, faccio parte della quotidianità, sono un’immagine familiare che è stata distrutta. Massacrandomi, mio marito ha anche privato la gente di uno dei suoi volti familiari, e questo è grave.
Così grave che l’emiro di Gedda mi ha fatto riferire da uno del suo seguito durissime parole di condanna per il gesto di Rachid, assicurandomi di aver incaricato le forze dell’ordine di fare di tutto per ritrovarlo, perché possa essere condannato severamente secondo la legge. L’emiro mi ha augurato inoltre una pronta guarigione, auspicando che io riesca a lasciarmi presto alle spalle questo doloroso ricordo.
Sono parole che mi fanno venire la pelle d’oca per l’emozione e la commozione. Un’altra grande esclusiva! Non si era mai visto prima un emiro, membro della famiglia reale, prendere le difese di una donna maltrattata. Anzi, era impensabile. In piena crisi internazionale, con l’Arabia sospettata di finanziare sottobanco il terrorismo, l’emiro dimostra che non è così, che la società saudita si evolve. È vero che si tratta di una presa di posizione privata, ma segna una svolta. Sono sicura che passerà di bocca in bocca, che verrà letta come una volontà di cambiamento, un segnale di pace.
Realizzo appieno l’importanza della dichiarazione e ne valuto le conseguenze. Penso a mio marito, che adesso saprà di essere braccato senza quartiere, sempre che non abbia fatto l’idiozia che continuo a temere. L’ondata mediatica deve averlo sommerso comunque. Sognava la celebrità: eccolo servito. Anche se penso che ne farebbe volentieri a meno.”