Linguaggi

Anche un elenco può essere poetico

26.05.2024

Qualcuno le definisce “poesie-lista”, perché assumono la forma dell’enumerazione

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Possibilità 

Preferisco il cinema.
Preferisco i gatti.
Preferisco le querce sul fiume Warta.
Preferisco Dickens a Dostoevskij.
Preferisco me che vuol bene alla gente
a me che ama l’umanità.
Preferisco avere sottomano ago e filo.
Preferisco il colore verde.
Preferisco non affermare
che l’intelletto ha la colpa su tutto.
Preferisco le eccezioni.
Preferisco uscire prima.
Preferisco parlar d’altro coi medici.
Preferisco le vecchie illustrazioni a tratteggio.
Preferisco il ridicolo di scrivere poesie
al ridicolo di non scriverne.
Preferisco in amore gli anniversari non tondi,
da festeggiare ogni giorno.
Preferisco i moralisti,
che non mi promettono nulla.
Preferisco una bontà avveduta a una credulona.
Preferisco la terra in borghese.
Preferisco i paesi conquistati a quelli conquistatori.
Preferisco avere delle riserve.
Preferisco l’inferno del caos all’inferno dell’ordine.
Preferisco le favole dei Grimm alle prime pagine.
Preferisco foglie senza fiori che fiori senza foglie.
Preferisco i cani con la coda non tagliata.
Preferisco gli occhi chiari, perché li ho scuri.
Preferisco i cassetti.
Preferisco molte cose che qui non ho menzionato
a molte pure qui non menzionate.
Preferisco gli zeri alla rinfusa
che non allineati in una cifra.
Preferisco il tempo degli insetti a quello siderale.
Preferisco toccar ferro.
Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando.
Preferisco considerare persino la possibilità
che l’essere abbia una sua ragione.

Wislawa Szymborska, “Possibilità”, da “Nothing Twice“, 1997 –  Traduzione  di Pietro Marchesani
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Fajar P. Domingo, illustratore e graphic designer indonesiano 
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I giusti

 

“Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.”

 

Jorge Luis Borges, da “La cifra“, 1982 – Traduzione di Domenico Porzio

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Non voglio ricominciare a fare elenchi!
“Non voglio ricominciare a fare elenchi!
Ti prego dio dell’ordine e dell’ansia
non rimettermi a incolonnare:
pane giornale imbucare lavare il golf azzurro
comprare gli zucchini, i dadi, il burro
passare in lavanderia, stirare,
ricordarsi che è finito il sale.
Ti prego dio della vita banale
abbi pietà, lasciami stare
lascia che il mio cuore,
i sogni,
i colori, il non far niente
tornino a respirare
liberami dalla tua insultante litania:
passare in polleria panetteria macelleria
salumeria rosticceria drogheria pescheria
dio delle casalinghe pussa via.”
Giovanna De Carli, da “Può impazzire una maionese?”
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Foto di René Maltête
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Chi ha inventato 
“Chi ha inventato i fiocchi?
E il secchiello e la paletta?
Chi ha inventato i vasi per i fiori
e i sandalini blu con i due fori?
Chi ha inventato le treccine,
le calzine di cotone,
la torta con le candeline,
la gonna che con la giravolta fa il pallone?Perché sappiamo chi ha inventato la dinamite,
e non sappiamo chi ha inventato le matite?
Se uno smisurato specchio
salisse fino al sole
e ne riflettesse i raggi,
il rombo,
l’infinito sfavillio
“È magnifico!” penserebbe il sole
senza sapere di pensare l’Io
E mentre riflette su quel riflesso
e rimira la sua immagine intenerito
la sua immagine l’ha già incenerito.”
Giovanna De Carli, da “La tovaglia a quadretti”
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Quello che amo

 

Non mi interessano i dati
i dettagli delle cose
non mi interessano gli orologi
che non siano solari
né la lista
degli amori che finiscono.
Mi interessano piuttosto la verità
il rumore del mare
le ore che passano
la luce sul letto a mezzogiorno
e tutto quello che viene
e che va
senza nome e senza preavviso
accadendo
come le cose semplici
accadono.”

1965

Nancy Bacelo (José Batlle y Ordóñez, Uruguay, 1931-2007), da “La nuova poesia”, 1968

 

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Foto di Rodney Smith

 

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Nostalgia

delle nubi sopra il giardino a Papenburg
del bambino che ero
della torba falde nere nel pantano
dell’odore di autostrada quando ho compiuto i 17
dell’odore di zaino quando ho fatto il soldato
del giro con mia madre nella città desolata
dei pomeriggi di primavera sulle pensiline della piccola città
delle passeggiate con Lilo Ahlendorf a Dresda
del cielo di una giornata nevosa di novembre
del viso di Jeanne d’Arc  nel film di Dreyer
dei giorni cancellati su vecchi calendari
dei gridi dei gabbiani
delle notti insonni
del borbottio delle notti insonni

del borbottio delle notti insonni”

Helmut Heissenbüttel, “Nostalgia”, da “City Lights Pocket Poets Anthology” – Traduzione di Massimo Bocchiola

 

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René Magritte, “La jeunesse illustrée”

 

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Vecchio, nuovo, preso in prestito, blu

 

Il giorno in cui ci siamo incontrati.
Questa busta inaspettata.
La mia maglietta del San Francisco Mime Troupe che
indossavi per gingillarti nell’appartamento, le cui
maniche tagliate si abbinavano
ai tuoi occhi.
Quella notte senza sonno.
Questa notte senza sonno.
La faccia che indosserò per stringerti la mano ed augurarti il
meglio.
Il modo in cui mi sentirò quando lo farò.
“Paper Moon”. La nostra canzone.
“Jesu, Joy of Man’s Desiring”.
Il mio Ella Live at Montreux che spero che lui metta su una
notte per sbaglio e ti faccia piangere.
Questa squallida rassegna.”

 

Mark Haddon, “Vecchio, nuovo, preso in prestito, blu”, da “The Talking Horse and the Sad Girl and the Village Under the Sea”

 

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Le dolcezze

 

“Le domeniche azzurre della primavera.
La neve sulle case come una parrucca bianca.
Le passeggiate degli amanti sul canale.
Fare il pane la mattina di domenica.
La pioggia di Marzo che batte sui tegoli grigi.
Il glicine fiorito su pel muro.
Le tende bianche alle finestre del convento.
Le campane del sabato.
I ceri accesi davanti alle reliquie.
Gli specchi illuminati nelle camere.
I fiori rossi sopra la tovaglia bianca.
Le lampade d’oro che s’accendono la sera.
I crepuscoli di sangue che muoion sulle mura.
Le rose sfogliate sul letto dei malati.
Suonare il pianoforte un giorno di festa.
Il canto del cuculo nella campagna.
I gatti sopra i davanzali.
Le candide colombe sui tetti.
Le malve nelle pentole.
I mendicanti che mangian sulle soglie delle chiese.
I malati al sole.
Le bambine che si pettinano l’oro al sole sulle porte.
Le donne che cantano alla finestra.”

 

Corrado Govoni, “Le dolcezze”, da “Gli aborti”, 1907

 

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In evidenza: Foto di Rodney Smith

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