“I primi giorni a scuola ero come sordo e muto perché non capivo niente.”
“Ho paura di dimenticare la mia lingua, così la sera, prima di dormire, mi ripasso sotto voce delle parole.”
“Ma tu sai dove sono andate a finire tutte le parole che sapevo prima di venire in Italia?”
“Se dovessi farmi un autoritratto, mi disegnerei biondo con gli occhi azzurri. Poi mi pongo il problema: ma io sono davvero così? No. Allora mi rifaccio con gli occhi a mandorla, bassetto e con i capelli neri. Per tanto tempo non sapevo chi ero: mi offendevo sia se un cinese mi diceva italiano, sia se un italiano mi diceva cinese. Ero come la carne di soia, che non sta né sul banco della carne né su quello del pesce perché è un vegetale.”
“Mi sento come un drago, che vuol dire tante cose. Il drago è forza, ricchezza, potenza…però è un animale inventato, che non c’è.”
“Se devo paragonarmi ad un animale, scelgo il ragno. La sua tela viene distrutta, ma lui riesce sempre a costruirne un’altra; poi viene distrutta ancora e il ragno ricomincia da capo…”
“Mi sento come un pesce fuor d’acqua che deve imparare a respirare e gli manca tutto.”
“Sono come un fiore che è stato sciupato e strappato dal temporale. Adesso c’è il sole e si riprende un po’, ma non tornerà più come prima.”
AA. VV., “Come un pesce fuor d’acqua. Il disagio nascosto dei bambini e dei ragazzi immigrati”, a cura di Graziella Favaro e Monica Napoli, 2002
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In evidenza: Foto da “la Repubblica”