Erano detti ciarlatani in genere coloro che, aiutati da una sciolta parlantina, vendevano un po’ di tutto: arnesi cervellotici, grasso di marmotta per i calli, unguenti per i dolori, sciroppi, minutaglie varie. Erano una delle principali attrazioni delle fiere e dei mercati, ma talvolta passavano anche di casa in casa. Per attirare l’attenzione si servivano di ogni mezzo, in particolare avevano un eloquio attraente: giochi di parole, scherzi, motteggi; esibivano animali insoliti come marmotte, serpenti, scimmie; suonavano qualche strumento o cantavano.
A volte erano veri artisti, dotati di diversi talenti. Molti, oltre alla vendita di medicamenti e cose magiche, montavano una tenda sulla piazza dentro la quale cavavano i denti (attività esercitata anche dai barbieri, che erano più dediti ai salassi), o facevano piccole operazioni, cauterizzazioni, producendo una confusione infernale, poiché usavano un espediente al fine di non far sentire le urla dei pazienti a coloro che stavano in attesa, cosa che li avrebbe fatti scappare tutti.
Assoldavano qualche sfaccendato che nei pressi della tenda suonasse trombe sfiatate, coperchi, latte, in modo da coprire le grida di dolore degli operati.
Tipo folcloristico quant’altri mai, il ciarlatano è rimasto lungamente impresso nella memoria collettiva anche dopo la sua scomparsa, restando sinonimo di chiacchierone, spacciatore di panzane e roba inutile, scaltro abbindolatore, confusionario, simpatico marpione, giramondo.