Affabulazioni

Andrea Camilleri e “La colonna infame”

01.06.2024
Ho iniziato a considerare il Manzoni come un autore contemporaneo, dopo la lettura de “La colonna infame”, quello scritto me ne ha fatto cogliere la grandezza, ma questo è avvenuto in età adulta. Da ragazzo, non lo nascondo, non sopportavo l’autore de “I promessi sposi”. La lettura che ci veniva propinata a scuola lo rendeva odioso, noioso.
Il Manzoni appariva come un baciapile, la critica letteraria ne ha costruito per decenni e decenni una immagine stereotipata, agiografica, rasserenante e pedagogica. Insomma, Manzoni veniva presentato come un secchione. Uno che in vita sua non ha mai sorriso. A quel punto persino Leopardi, che se ne stava ad osservare la luna, mi era più simpatico. La colpa non era del Manzoni, ma della lettura penitenziale e penitenziaria, che ne veniva fatta.
Qualche anno dopo aver finito gli studi, mi capitò inopinatamente fra le mani una copia de “La Colonna Infame”. La lessi, ne rimasi incuriosito, colpito, addirittura turbato. Avvenne in me un risveglio di attenzione. Iniziò così la mia comprensione dell’opera manzoniana.
Ho riletto il libro più volte in seguito, perché ho trovato in esso argomenti di straordinaria attualità che riguardano sempre l’oppressione dell’uomo sull’uomo. C’è sempre questa sorta di Colonna Infame che è infame per gli accusatori e non per gli accusati. Scoprii poi con piacere che era uno dei libri che aveva motivato anche l’esistenza di Sciascia, che lo comprò nella mia stessa edizione, io lo presi a Palermo, lui a Caltanissetta.
Il modello ideale della mia “Strage dimenticata”, anche se stellarmente lontano, è proprio la Colonna, che è diventata per me la chiave di lettura dei “Promessi Sposi”.
È come se con “La Colonna Infame” Manzoni abbia voluto fornire una chiave critica ai lettori più attenti.
Andrea Camilleri, su “l’Unità”, 5 Agosto 2002
*****
In evidenza: Immagine di Francesco Gonin per l’edizione del 1840

Lascia un commento