Epistolario

Lettera di Pier Paolo Pasolini a Luciano Serra

14.06.2024
Bologna, timbro postale di Porretta Terme, 10 luglio 1942
“Caro Luciano,
sono affranto di esistenza: è questo uno di quei vaghi momenti in cui la poesia torna come una memoria lontana, e l’unico presente e certo è quello della propria umana solitudine.
La giornata è sul finire, ed io ricordo il numero infinito di giorni ch’io ho visto morire in questa maniera, fin dai lontani tempi di Idria e di Sacile, che tu, Luciano, non conoscerai mai: io allora ero un ragazzo, e ora sono un uomo. Ma la sera non desiste di lambire i paesi del mondo, le loro piazzette caste e quasi solenni, in un acuto profumo d’erba e d’acqua ferma. Ecco ora che si fa al balcone una donna, e lancia un grido che a me è un brivido: “Figlio!”. Così era un tempo nella piazzetta di Sacile, quando indugiavo con gli amici.
Eccomi qui, ora, come lontano e come mutato: la mia vita in apparenza priva di lutti è ai margini dell’esistenza.
Oggi è venuta mia madre a trovarmi, ed è partita da poco. Pensando a lei provo una dolorosa fitta d’amore; mi vuol troppo bene, ed anch’io. Io sono poeta per lei. Mi ha scritto l’altro giorno una lettera che mi ha fatto salire alla gola una vampata di pianto.
Rido e soffro con somma decisione. Il riso è vero, la sofferenza è congenita. Io e tu crediamo al riso: nella vita a vele spiegate; al futuro in bonaccia. Noi siamo poeti. L’ambizione è coscienza di noi. Il futuro è certo. Ho le mani sporche di due giorni: il campo è un inferno, ma io lo vivo per la memoria. Lavo le gavette: orribile cosa! Vegliare tutta la notte di guardia: orribile cosa! Questi sono, dal punto di vista della comodità, i più brutti della mia vita. Ma la vita pianta le sue radici dappertutto, e la coda le rinasce come alle lucertole.”
Pier Paolo Pasolini, “Lettera a Luciano Serra”, in “Vita attraverso le lettere”

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