Nel 1980 lo storiografo zimbabuano Stankle J. W. T. Samkange sintetizzò la filosofia dell’ubuntu in tre principi:
“Essere umani significa affermare la propria umanità riconoscendo l’umanità degli altri e, su questa base, stabilire con loro relazioni umane rispettose.
Se e quando ci si trova di fronte ad una scelta decisiva tra la ricchezza e la preservazione della vita di un altro essere umano, allora si dovrebbe optare per la conservazione della vita.
Il re deve il suo status, compresi tutti i poteri ad esso associati, alla volontà del popolo sotto di lui. Questo per Samkange, era un “principio profondamente radicato nella filosofia politica tradizionale africana”.
***
Il concetto di ubuntu, oltre ad essere sostanziato da una molteplicità di significati di carattere etico, acquisisce, nelle lingue africane, sfumature diverse:
* Strettamente legato al concetto di ubuntu è quello di unhu, che sottolinea quale debba essere il comportamento più appropriato alle diverse circostanze sociali: ad esempio, la deferenza che la nuora deve tributare ai suoceri. Per di più, in virtù dell’unhu, i bambini rimasti orfani sono affidati alla cura dell’intera comunità.
La filosofia dell’ubuntu può essere considerata come una sorta di visione ontologica che concepisce le relazioni interpersonali come parte integrante di una comunità comprensiva degli antenati, delle generazioni future e, per estensione, anche della natura, sia perché gli antenati vengono identificati con essa, sia perché l’ubuntu indica, in senso lato, la vita dell’universo e il suo incessante svolgersi nel tempo (“ubu“, infatti, è l’essere potenziale che incontra “ntu“, la forza vitale).
“Noi siamo, perché il pianeta è.” (Desmond Tutu)
Trattandosi di una forma di pensiero incentrata sulla comunità, anche il singolo uomo viene definito in riferimento ad essa, nel senso che il pieno sviluppo della sua personalità può essere raggiunto solo nel contesto della partecipazione all’intera comunità, in una prospettiva di unione e di fratellanza fra tutti gli esseri umani.
“L’umanità non ha confini.” (Proverbio Akan)
Il concetto di unhu è fondamentale anche sul piano giuridico, nell’ambito del quale enfatizza non tanto la giustizia punitiva, quanto soprattutto una giustizia riparativa mirata a riportare l’armonia all’interno della comunità, esaltando i valori del dialogo, del rispetto reciproco, del perdono, della reintegrazione dei criminali nella società. Un omicidio, per esempio, potrebbe essere in qualche modo riparato creando un legame matrimoniale tra la famiglia della vittima e quella del colpevole. Per altro verso, il crimine si estende a comprendere anche la famiglia cui appartiene l’individuo che lo ha commesso e che viene pertanto investita da uno stigma sociale che può essere cancellato solo dopo molti anni di dimostrazione di unhu o ubuntu.
Analogamente, in ambito economico, ubuntu richiama ai valori della giustizia sociale, dell’equità e della condivisione; il lavoro stesso si fonda sul principio che “nessuno è inutile” e che “lavoriamo come uno“.
Sul piano politico, anche chi governa la comunità è soggetto ad unhu, ragione per cui non può governare con la forza, ma deve consultarsi con i propri sudditi e ascoltarne la voce, adottando il loro stesso stile di vita e condividendo con loro ciò che possiede.