Affabulazioni

Manoscritto di Huarochirí

28.07.2024
Cosa accadde a Cuniraya Viracocha e come Cahuillaca partorì suo figlio e quel che ne seguì
Vita di Cuniraya Viracocha
“Cuniraya Viracocha, nei tempi più antichi, camminava, vagava assumendo l’aspetto di un uomo molto povero, la sua yacolla [mantello] e la sua cusma [tunica] erano brandelli. Quelli che non lo conoscevano, mormoravano nel vederlo: “miserabile pidocchioso” dicevano. Quest’uomo aveva potere su tutti i popoli. Con la sola voce riusciva a ultimare appezzamenti ben rifiniti e sostenuti da muri. Insegnava a fare i canali di irrigazione gettando [nel fango] il fiore di una canna chiamata pupuna, l’ha insegnato a fare sin dall’inizio. E così, facendo una cosa e l’altra, camminava, umiliando i huacas [persone, luoghi e oggetti sacri] di alcuni popoli con la sua saggezza.
E così, a quel tempo, c’era una huaca chiamata Cavillaca. Era vergine. E siccome era bella, i huacas, uno dopo l’altro, tutti loro annunciavano: “dormirò con lei”, dicendo così la pretendevano, la desideravano. Ma nessuno ottenne ciò che voleva. Poi, senza aver permesso a nessun uomo di incrociare le gambe con le sue, un giorno si mise a tessere ai piedi di un albero di lucuma. In quel momento Cuniraya, siccome era saggio, divenne un uccello e salì sull’albero. Sul ramo prese un frutto, gli versò il suo germe maschile e fece cadere il frutto davanti alla donna. Lei molto contenta, inghiottì il germe. E così rimase incinta, senza aver avuto contatto con nessun uomo. A nove mesi, come ogni donna, partorì vergine. Durante un anno allattò la creatura al suo seno. “Figlio di chi sarà?” si domandava. E quando il figlio compì l’anno e già gattonava, la madre fece chiamare i huacas da ogni luogo. Voleva che riconoscessero suo figlio. Gli huacas, sentendo la notizia, indossarono i loro vestiti migliori. “A me deve amare, a me deve amare”, e così dicendo, risposero alla chiamata di Cavillaca.
L’incontro fu fatto ad Anchicocha dove la donna viveva. E lì, quando gli huaca sacri accorsi da tutte le parti erano già seduti, la donna disse loro: “Vedete uomini, potenti capi, riconoscete questa creatura. Chi di voi mi ha fecondato con il suo germe?”; e chiese a ciascuno di loro, in disparte: “Sei stato tu? Sei stato tu?”. E nessuno di loro rispose: “È mio”. E siccome Cuniraya Viracocha, di cui abbiamo già parlato, seduto umilmente, appariva come un uomo molto povero, la donna non chiese niente a lui. “Non può essere figlio di un miserabile”, diceva, disgustata da quell’uomo lacero. E poiché nessuno affermava: “È mio figlio” lei disse al bambino: “Va’ tu stesso e riconosci tuo padre” e ai huacas disse: “Se uno di voi è il padre, lui stesso, riconoscendolo cercherà di salire sulle sue braccia.” Allora la creatura cominciò a gattonare fino al luogo in cui si trovava l’uomo malconcio. Durante il tragitto non pretese di salire sulle braccia di nessuno dei presenti, ma appena arrivò davanti al povero, molto felice e d’improvviso, abbracciò le sue gambe. Quando la madre vide questo, si infuriò molto: “Che schifo! Come ho potuto partorire il figlio di un uomo così miserabile?”, esclamando, sollevò suo figlio e corse verso il mare. Vedendo questo: “Adesso mi deve amare”, disse Cuniraya Viracocha e, indossando il suo vestito d’oro, spaventò tutti i huaca; e giacché erano così spaventati, cominciò a cacciarli fuori, e disse: “Sorella Cavillaca, guarda da questa parte e contemplami; ora sono molto bello”. E facendo risplendere il suo abito d’oro, si mise in piedi. Ma lei non voltò nemmeno gli occhi verso il luogo dove si trovava Cuniraya, e continuò a fuggire verso il mare. “Per aver partorito il figlio immondo di un uomo spregevole, io scomparirò”, disse, e dicendo questo si gettò in acqua. E lì fino ad ora, in quel profondo mare di Pachacamac si vedono molto chiaramente due pietre sotto forma di persone che vivono lì. Non appena caddero in acqua, entrambi [madre e figlio] si trasformarono in pietra.
In quel momento, Cuniraya Viracocha si allontanò dal sito [Anchicocha], dicendo: “Mia sorella deve vedermi, deve apparire”, la chiamava, urlando la pretendeva. E incontrò un vecchio condor. Chiese al condor: “Fratello: dove l’hai incontrata, quella donna?”. “A poca distanza da qui”, rispose il condor, “puoi trovarla”. E Cuniraya gli disse: “Avrai una lunga vita. Quando gli animali selvatici muoiano, siano essi guanaco o vigogna, o qualsiasi altro animale, tu mangerai la loro carne. E se qualcuno ti dovesse uccidere, quello, chiunque sia, morirà anche lui.” Così gli disse.
Poi incontrò una moffetta. E quando le chiese: “Fratello, dove l’hai incontrata, quella donna?”; la moffetta gli rispose: “Mai più la troverai; è andata troppo lontano.” “Poiché mi hai dato questa notizia, tu non potrai più camminare durante il giorno, mai, perché gli uomini ti odieranno; e così, odiato e puzzolente, camminerai solo di notte e soffrirai nel disprezzo”, gli disse Cuniraya.
Poco dopo incontrò il puma. Il puma disse a Cuniraya: “Lei è molto vicino, puoi raggiungerla.” Cuniraya gli rispose: “Tu sarai molto amato; mangerai i lama degli uomini colpevoli. E se ti uccidono, gli uomini metteranno la tua testa sulla loro nelle grandi feste, e ti faranno cantare; ogni anno taglieranno la gola a un lama, ti porteranno fuori e ti faranno cantare.”
Poi incontrò una volpe, e la volpe gli disse: “Lei è già molto lontano; non la troverai.” Cuniraya gli rispose: “A te, anche se cammini lontano dagli uomini che ti odiano, ti perseguiteranno; diranno: ‘quella volpe sciagurata’, e non si accontenteranno di ucciderti; per il loro piacere, calpesteranno la tua pelle, la biasimeranno.”
Poi incontrò un falco, il falco gli disse: “Lei è molto vicino, puoi trovarla” e Cuniraya gli rispose: “Tu sarai molto felice, pranzerai colibrì e poi mangerai uccelli di ogni specie. E se muori, o qualcuno ti uccide, gli uomini ti offriranno in sacrificio un lama, e quando canteranno e balleranno, ti metteranno sopra il loro capo, e lì, magnificamente, starai.”
Subito si imbatté in un pappagallo, e il pappagallo gli disse: “Ha già attraversato una grande distanza, non la troverai.” Cuniraya gli rispose: “Tu camminerai strillando sempre, troppo; quando dirai: ‘distruggerò il tuo cibo’, gli uomini che ti odieranno, ti scopriranno dalle urla e ti scacceranno; vivrai soffrendo.”
E così, a chiunque gli dava buone notizie, Cuniraya conferiva doni, e continuava a camminare, e se qualcuno lo scoraggiava con cattive notizie, lo malediceva e continuava a camminare. (Così, arrivò fino alla riva del mare. Appena arrivato lì, entrò nell’acqua, e la fece gonfiare, ingrandire. E da quell’evento gli uomini di oggi dicono che la trasformò in un nuovo mondo; “anche l’antico mondo va ad un altro mondo” dicono).
E si voltò verso Pachacamac, e lì giunse fino a dove vivevano due giovani figlie di Pachacamac. Le giovani donne erano custodite da un serpente. Poco prima che arrivasse Cuniraya, la madre delle due ragazze andò a visitare Cavillaca sul fondo del mare in cui si era gettata; il nome di quella donna era Urpayhuachac. Quando la donna uscì in visita, Cuniraya Viracocha fece addormentare la più grande delle ragazze, e siccome pretese di dormire con l’altra sorella, lei si trasformò in colomba e volò via. E per questo, la madre venne chiamata: “colei che partorisce colombe”.
A quel tempo, si dice, non c’era un solo pesce nel mare. Solo la donna che chiamavano “colei che partorisce colombe” allevava [pesci] in un piccolo pozzo che aveva in casa. E quel tale Cuniraya, molto arrabbiato: “Perché questa donna visita Cavillaca sul fondo del acqua?” e dicendo questo scagliò tutti gli averi di Urpayhuachac nel grande mare. E solo da quel momento, nel grande lago, i pesci crebbero e prosperarono molto. Allora colui che fu chiamato Cuniraya camminò sulla riva del grande lago, e la donna Urpayhuachac, a cui fu detto come le sue figlie avevano passato la notte, inseguì Cuniraya infuriata. E mentre lo inseguiva e lo chiamava, “Oh!” lui si fermò. Dunque gli parlò [lei]: “Voglio solo liberarti dai pidocchi.” E così iniziò a farlo. E quando fu libero da ogni parassita, lei, in quello stesso luogo, fece innalzare un grande precipizio e pensò: “Farò cadere lì Cuniraya.”
Ma lui nella sua saggezza, sospettò l’intenzione della donna. “Farò un po’ di pipì, sorella”, dicendo così, se n’è andò, e venne in questi luoghi e vi rimase, nei suoi dintorni o nelle vicinanze, a lungo, facendo cadere nell’inganno uomini e popoli.”
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“E ora racconteremo come morì il giorno.
Nei tempi antichi si dice che il sole morì. Morto il sole, si fece notte per cinque giorni. Le pietre, allora, si colpirono, una contro l’altra; da allora si formarono i mortai, cioè le ciotole e i pestelli. Gli uomini cominciarono a usare questi attrezzi per mangiare e i lama dei monti cominciarono a seguire l’uomo. E questo, ora noi cristiani lo benediciamo dicendo: “Forse il mondo è diventato buio a causa della morte del nostro potente signore Gesù Cristo.” Ed è possibile che sia stato proprio così.”
Dal “Manoscritto di Huarochirí” – noto anche come “Runa Yndio Ñiscap” (testo scritto in lingua quechua), pubblicato per la prima volta a Lipsia, nel 1939, dallo studioso tedesco Hermann Trimborn, con il titolo “Demonios y magia en el Imperio Inca” e poi tradotto in spagnolo, nel 1966, da José María Arguedas, che intitolò il manoscritto “Dioses y Hombres de Huarochirí” –  Traduzione italiana di Diana Mazon – Fonte: Pangea

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