Linguaggi

Dialoghi poetici: Giuseppe Ungaretti e Igor Barreto

20.08.2024
“Si vuole sapere perché la mia prima raccoltina s’intitolasse ‘Il porto sepolto’.
Verso i sedici, diciassette anni, forse più tardi, ho conosciuto due giovani ingegneri francesi, i fratelli Thuile, Jean e Henri Thuile. Entrambi scrivevano. […] Avevano ereditato dal padre […] una biblioteca romantica ch’essi avevano arricchita con opere dei poeti e degli scrittori contemporanei. […] Abitavano fuori d’Alessandria, in mezzo al deserto, al Mex. Mi parlavano d’un porto, d’un porto sommerso, che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che Alessandria era già un porto prima d’Alessandro, che già prima d’Alessandro era una città. Non se ne sa nulla. Quella mia città si consuma e s’annienta d’attimo in attimo.
Come faremo a sapere delle sue origini se non persiste più nulla nemmeno di quanto è successo un attimo fa? Non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d’ogni era d’Alessandria. Il titolo del mio primo libro deriva da quel porto”.
«Il porto sepolto è ciò che di segreto rimane in noi indecifrabile».
Giuseppe Ungaretti
***
Ungaretti
(a Mafer)
“Ascoltai parlare Ungaretti
della sua Alessandria
chiudere gli occhi azzurri e dire
che altri luoghi d’Oriente
potranno avere le mille e una notte
ma che Alessandria ha un deserto.
Noi anche, abbiamo:
l’amnesia e il deserto del presente.”
Igor Barreto (poeta venezuelano), “Ungaretti”, da “La pianura cieca”, 2006 – Traduzione di Alessio Brandolini

Lascia un commento