Affabulazioni

Sua Maestà il calcio

12.02.2025
Tregua di Natale
I soldati che partivano da ogni angolo del continente e dintorni, a combattere – imbottiti di ardore – delle mitiche battaglie a viso aperto, presto si dovettero ricredere.
A una prima idea di conflitto veloce, marcature larghe e tiri in porta, seguì un incomprensibile periodo di stallo nel quale ciascuna squadra restò inchiodata al proprio terreno, senza poter né avanzare né indietreggiare.
Centinaia di chilometri di trincee, dal nord della Francia fino all’Europa orientale, nell’attuale Polonia e nei Balcani, cominciarono ad essere scavate.
In queste lunghe e strette gallerie a cielo aperto, che diventarono presto l’unico mondo a loro concesso, i soldati erano costretti a stare accucciati lungo corridoi molto stretti, spesso non alti abbastanza da permettergli di stare in piedi.
Lì mangiavano, facevano i loro bisogni, seppellivano i cadaveri, dormivano, e diventavano tutt’uno con la paura, il fango, i topi e i pidocchi.
Cinque mesi dopo l’inizio delle ostilità, dei soldati inglesi e tedeschi, che fino a quel momento se n’erano date di santa ragione lungo la linea di trincee che si estendeva da Ypres a Neuve Chapelle, nel Fronte Occidentale, decisero di comune accordo di deporre le armi, il giorno di Natale.
Da entrambi le parti erano coscienti di stare disubbidendo agli ordini, ma nessuno ci badò. All’improvviso uno saltò fuori dal buco (nessuno sa con esattezza chi fosse stato, a quale dei due eserciti appartenesse).
Dal fronte opposto comparve un altro.
Nel giro di pochi minuti entrambe le compagnie erano fuori, e si sgranchivano le gambe in quella terra di nessuno che fino a pochi minuti prima era preclusa a qualsiasi forma di vita, persino la più elementare.
Forse qualche comandante restò giù, dopo essersi sgolato nel tentativo di richiamare indietro quegli sciagurati, e cercava di comunicare disperatamente con i superiori, per capire che pesci pigliare in una situazione che di sicuro non trovava precedenti in tutta la letteratura militare (ammesso che esista).
Piano piano i soldati s’erano messi a parlare, si scambiavano barattoli di rancio, alcuni chiedevano di recapitare una lettera a dei parenti rimasti dall’altra parte del fronte, si alternavano le canzoni popolari…
A un certo punto, nessuno sa come, fece la sua comparsa un pallone da calcio. C’è chi sostiene che appartenesse a uno del battaglione scozzese di fanteria.
Quando questi proposero di giocare una partitella i tedeschi dissero sì.
All’indomani, la nebbia era densa, scrisse nel suo diario il 24 dicembre 1928, il tenente tedesco Johanness Niemann.
“A un certo punto, il mio superiore venne a dirci che aveva visto uscire fuori dalle trincee dei soldati tedeschi e scozzesi, e che stavano fraternizzando. Presi i miei binocoli e davanti ai miei occhi si presentò un’immagine stupefacente: soldati che scambiavano sigarette, liquore e cioccolata col nemico. Poi, arrivò uno scozzese con un pallone da calcio, e nel giro di pochi minuti la partita era cominciata. Loro fecero la porta ammucchiando un po’ dei loro buffi cappelli, noi abbiamo fatto lo stesso. Non era semplice giocare su quel terreno congelato, ma la cosa non ci demotivò. Abbiamo rispettato con estremo rigore le regole del gioco, nonostante la partita fosse durata soltanto un’ora e non ci fosse l’arbitro. Ci sono stati molti passaggi lunghi e poco precisi, e il pallone finiva spesso lontano. Nonostante la stanchezza e le precarie condizioni generali questi calciatori improvvisati giocavano con estremo entusiasmo.
Scoprimmo con sorpresa che gli scozzesi non indossavano nulla sotto le gonne, così facevamo battute al loro indirizzo ogni volta che una raffica di vento lasciava allo scoperto le loro zone occulte, e loro ridevano di gusto. Un’ora dopo, quando il nostro comando generale venne a sapere dell’incontro ordinò di sospendere tutto e di rientrare in trincea. Lì finì la partita. Vincevamo per tre reti a due.
Fritz tre, Tommi due.”
Ci sono notizie controverse sulle conseguenze di questo episodio, in entrambi i bandi. C’è chi parla di un ordine esplicito di segretezza esteso ai diretti protagonisti, di corti marziali, di inchieste a non finire.
Il 14 novembre 2008, nel paesino francese di Frelinghien (nei presi di quel luogo) si inaugurò un monumento alla memoria della Tregua di Natale, e i Reali fucilieri Gallesi affrontarono in una partita di calcio il battaglione Panzergrenadier Tedesco n° 371, in onore di quegli uomini che ritrovarono una parvenza di umanità, quel giorno di Natale, tirando calci a un pallone.
Tanto per la cronaca, tornarono a imporsi i tedeschi per due a uno.
Ma, stranamente, nessuno sembrò badare al risultato.
Milton Fernàndez, “Tregua di Natale”, da “Sua Maestà il Calcio”, 2013

Lascia un commento