Il murichi, nome comune del più scientifico Brachyteles, vive principalmente in dodici piccole “riserve” nella foresta atlantica degli stati di Minas Gerais, Espirito Santo e Rio: sono circa 1.000 esemplari, 350 dei quali abitano nella riserva della Caratinga. Proprio per la sua fragile sopravvivenza, è chiamato “il Panda del Brasile”, ben poco studiato e poco conosciuto, se non fosse per i 35 anni di lavoro della professoressa Strier, arrivata da studentessa nel 1982 nella riserva proprio per studiare le scimmie e la loro organizzazione in gruppi, innamorandosi di questi primati endemici del Nuovo Mondo, anche chiamati, infatti, scimmie americane. I suoi studi, racchiusi in un libro che è diventato pietra miliare dell’antropologia e dello studio delle scimmie, hanno svelato un’organizzazione sociale, che, come nel caso dei Bonobo, sfida i nostri universali culturali: alti 1,50 m dall’estremità del braccio all’estremità della zampa per un peso da 8 a 9 kg, i murichi sono scimmie “hippie”. Non si attaccano mai a vicenda, cooperano pacificamente e vivono in piccoli gruppi di poche decine di esemplari che sono egualitari, abbastanza grandi da garantire loro protezione ma non troppo da litigare per i frutti e le foglie di cui si nutrono.
Nella società dei murichi non c’è competizione, o quanto meno ce n’è il meno possibile: la femmina partorisce un cucciolo ogni tre anni (dopo 7,2 mesi di gestazione), che allatta per dodici mesi e accompagna nel corso dell’anno successivo, prima di lasciarlo diventare autonomo.Nei gruppi di murichi, che in lingua Tupi significa “scimmia più grande del mondo”, vige la regola della pace e dell’armonia. In ogni momento della giornata, spiega la dottoressa Strier dalle pagine de “Le Monde”, si toccano, si sfregano,si abbracciano l’un l’altro: «Un modo per sciogliere le tensioni o rassicurarsi a vicenda», prosegue Karen Strier.
Ma è nel momento dell’accoppiamento che, rispetto ad altri primati, risalta la loro specificità: nessun maschio alfa che veglia gelosamente sul suo harem di femmine, come accade nei gorilla. Anzi: i maschi si propongono e le femmine scelgono, senza esclusività e violenza, con molta sfacciataggine. «I maschi sono in fila ad attendere il proprio turno, mentre le femmine concedono accoppiamenti a ritmo… rispettabile», conclude la primatologa sorridendo.
Questa organizzazione sociale, proprio come quella dei bonobo, permette di mettere in dubbio i costrutti sociali della violenza, dell’aggressività, della gelosia e del patriarcato, che spesso consideriamo naturali senza mai interrogarci su possibili alternative, che a quanto pare sono altrettanto reali e naturali.
Alessia Di Donato, da “Murichi, le scimmie hippie. Vivono in pace e senza litigare. E resistono alle malattie”, 26/8/2023