Magazzino Memoria

Claudette Colvin, chi era costei?

05.03.2025
La prima donna nera arrestata per essersi seduta in un posto per i bianchi su un autobus dell’America del 1955 non si chiamava Rosa Parks, ma Claudette Colvin. Aveva quindici anni, era incinta di un uomo sposato molto più vecchio di lei, veniva da un contesto familiare degradato e non apparteneva al movimento per i diritti civili: era solo stanca. Come mai il suo nome è stato dimenticato e nel racconto di quella rivolta ci è entrata invece Rosa, che compì la sua disobbedienza civile ben nove mesi dopo, da donna matura proveniente da una famiglia rispettabile, nonché attivista consapevole dei diritti civili? La risposta è semplice: ci piace sentire storie erotiche, ma gli eroi e le eroine, anche se fanno cose che noi non faremmo mai, devono assomigliare almeno un po’ a qualcuno che noi stesse e noi stessi vorremmo essere. Claudette dimostra che per le donne questa regola è vera due volte: per diventare davvero popolare, la protagonista di un’avventura dove si arriva a un successo deve dimostrare non solo di averlo raggiunto, ma anche di aver voluto arrivarci con il massimo dell’impegno possibile e di averlo meritato nonostante gli ostacoli, grazie a una vita o a sentimenti ammirevoli. La chiamano “sindrome di Ginger Rogers” e implica che per stare accanto a Fred Astaire tu faccia le stesse cose, ma all’indietro e coi tacchi a spillo. È il migliorismo femminile, una sottile pratica misogina che non dice più che le donne non possano raggiungere gli stessi traguardi degli uomini, ma che se vogliono raggiungerli devono essere migliori degli uomini.
Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, da “Morgana. Storie di ragazze che tua madre non approverebbe”, 2020

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