Jalta: Anton Cechov scrive a sua moglie Olga Knipper, attrice teatrale ed interprete di molte sue opere:
Salute, attriciuzza! Il tempo è coperto, scuro, ma io vago egualmente per il giardino, potando le rose; adesso sto seduto, un po’ stanco. Fa caldo, si sta bene. Quanto alla commedia (forse si riferisce a “Il giardino dei ciliegi”, ndr.), ti scriverò particolareggiatamente verso il 10 marzo, cioè se per la fine di marzo l’avrò scritta oppure no. Non mi sono dimenticato della Svizzera, me ne ricordo, perché bramo star presto con te, noi due insieme. La salute è discreta.
Non ho ancor letto cosa dicono i giornali de “Le colonne” (si riferisce a “Le colonne della società”, di Ibsen, interpretata dalla moglie, ndr.), non ne so niente, ma a giudicare dal tuo telegramma, non sei del tutto contenta. Se è così, posso consigliarti una cosa sola: infischiatene, tesoro. Adesso è quaresima, è tempo ormai di riposare, di vivere in pace, e voi seguitate a rovinarvi i nervi, a sfacchinare, non so perché. Unicamente per il piacere che Visnévskij (Alexander Visnévskij, uno dei fondatori del Teatro d’Arte di Mosca) porti in banca mille rubli di più; a cosa diavolo vi servono poi quei mille rubli?
Mi viene in mente che quando il Teatro d’Arte era agli inizi, ci si era proposti di non badare a quanto grandi fossero gli incassi; Nemiròvic (Vladimir Ivanovič Nemirovič-Dančenko, impresario teatrale, regista e scrittore, ndr.) diceva che una volta che il lavoro fosse piaciuto al teatro (non al pubblico, ma al teatro stesso), lo si sarebbe dato trenta, quaranta volte, anche per venti rubli d’incasso… Pròvati adesso a comporre un lavoro e a pensare tutto il tempo, pensare e infuriarti all’idea che se l’incasso non sarà di 1600, ma di 1580 rubli, la pièce non sarà messa in scena, oppure lo sarà, ma con rammarico.
Profumo ne ho. Acqua di colonia ne ho. Sapone per la testa ne ho.
T’ho scritto che ho già ricevuto le cartoline di Alekséev (si riferisce a Stanislavskij, regista e teorico del teatro, il cui nome è legato al metodo basato sull’approfondimento psicologico del personaggio da interpretare, ndr.) riguardo a “Piccoli borghesi” e “Nei bassifondi” (entrambe opere di Maksim Gor’kij, ndr.)? Se non te l’ho scritto, tienilo presente, e ringraziato quando lo vedi. Capito?
Non ho altro da scrivere, citrullina. Una cosa sola vorrei: prenderti per le orecchie, tirare e baciarti venti volte sulla fronte e sul mento. Scrivimi di più, ché le tue lettere son più corte del passo d’una cimice. Salutami tuo fratello e tuo nipote, se ancora non sono partiti.
Abbraccio la mia cara, la mia diletta.
Moglie mia bella, tu non mi credi come medico, eppure ti dico che Korsakòv ha un’eccessiva tendenza al pessimismo, suppone sempre il peggio. Una volta venne da me una ragazzina malata, la curai due o tre mesi, chiamai a consulto Korsakòv, lui la diede per spacciata; e invece è tuttora viva, sposata da tempo. Anche se la tubercolosi s’è manifestata in una vertebra, essa è ancora ben lontana dall’encefalo, dal midollo spinale. Solo, non conviene portare il bambino a far visite né permettergli di saltar troppo. E nuovamente domando: perché avete scelto Evpatòrija (città della Crimea, ndr.)?
In tutto questo tempo, da che sono a Jalta, cioè dal 17 febbraio, non una volta ha fatto capolino il sole. C’è un’umidità terribile, un cielo grigio, io me ne sto in camera.
Le mie robe sono arrivate, ma hanno un certo aspetto squallido.
In primo luogo ce n’è effettivamente assai meno di quanto supponevo; in secondo luogo, lungo la strada quei due decrepiti bauletti han cominciato a spaccarsi. Faccio una vita piuttosto noiosa, senza interesse; è irritante vedersi attorno un pubblico così poco attraente, che non s’interessa a nulla, indifferente a tutto.
“Il giardino dei ciliegi” lo danno tre, quattro volte in ogni città, ha successo, figurati! Ho letto proprio adesso di Rostòv sul Don, dove lo danno per la terza volta. Ah, se a Mosca non ci fosse Muràtov, non ci fosse Leonfdov, non ci fosse Artém! Vedi, Artém recita pessimamente, a stento mi son trattenuto dal dirlo.
Scrivi di non aver ricevuto mie lettere, mentre io ti scrivo ogni giorno, solo ieri non l’ho fatto. Non ho niente da raccontare, ma ti scrivo lo stesso. Snap, quel figlio di cane, s’è già ambientato, se ne sta sdraiato nel mio studio, con le zampe posteriori distese; la notte sta dalla mamma; fuori gioca con i cani, e perciò è sempre sporco.
Hai tanti di quegli zietti, non fai che andare a salutarli alla stazione; bada di non raffreddarti. Stattene un po’ a casa, almeno la quarta settimana di quaresima, quando non avete recite.
Hai escogitato qualcosa per l’estate? Dove la trascorreremo?
Avrei voglia di non allontanarmi da Mosca, di stare nei pressi della ferrovia, di modo che si possa fare a meno della carrozza, di benefattori ed ammiratori. Pensa alla villeggiatura, gioia mia, pensaci, chi sa che non ti riesca d’escogitare qualcosa. Sei ben la mia intelligentina tu, la mia assennata, la mia giudiziosa – quando non sei arrabbiata. Ricordo con tale piacere la gita che tu ed io abbiamo fatto fino a Caricyn e ritorno.
Be’, che Dio ti protegga, gioia mia, mio cagnetto buono, giocondo.
Ho nostalgia di te, ed ormai non potrei non averne, tanto mi sono abituato alla tua compagnia. Bacio la moglie mia, l’abbraccio.