Affabulazioni

I tre pesci

23.06.2020

C’erano una volta tre pesci che vivevano in uno stagno: uno era intelligente, un altro lo era a metà e il terzo era stupido. La loro vita era quella di tutti i pesci di questo mondo, finché un giorno arrivò …un uomo.
L’uomo portava una rete e il pesce intelligente lo vide attraverso l’acqua. Facendo appello all’esperienza, alle storie che aveva sentito e alla propria intelligenza, il pesce decise di passare all’azione.
Dato che ci sono pochi posti dove nascondersi in questo stagno, farò finta di essere morto“, pensò. Raccolte tutte le sue forze, balzò fuori dall’acqua e atterrò ai piedi del pescatore, che si mostrò piuttosto sorpreso. Tuttavia, visto che il pesce tratteneva il respiro, l’uomo lo credette morto e lo ributtò nello stagno. Allora il nostro pesce si lasciò scivolare in una piccola cavità sotto la riva.
Il secondo pesce, quello semi-ntelligente, non aveva capito bene quanto era accaduto. Raggiunse quindi il pesce intelligente per chiedergli spiegazioni. “È semplice“, disse il pesce intelligente, “ho fatto finta di essere morto e così mi ha ributtato in acqua“.
Immediatamente, il pesce semi-ntelligente balzò fuori dall’acqua e cadde ai piedi del pescatore.
Strano“, pensò il pescatore, “tutti questi pesci che saltano fuori dappertutto!“. Ma il pesce semi-ntelligente si era dimenticato di trattenere il respiro, così il pescatore si accorse che era vivo e lo mise nel suo secchio. Riprese quindi a scrutare la superficie dell’acqua, ma lo spettacolo di quei pesci che atterravano sulla riva, ai suoi piedi, lo aveva in qualche modo turbato, cosicché si dimenticò di chiudere il secchio. Quando il pesce semi-ntelligente se ne accorse, riuscì faticosamente a scivolare fuori e a riguadagnare lo stagno a piccoli salti. Andò a raggiungere il primo pesce e, ansimando, si nascose accanto a lui.
Ora, il terzo pesce, quello Stupido, non era naturalmente in grado di trarre vantaggio dagli eventi, neanche dopo aver ascoltato il racconto del primo e del secondo pesce. Allora riesaminarono ogni dettaglio con lui, sottolineando l’importanza di non respirare quando si finge di essere morti.
Molte grazie, adesso ho capito!“; disse il pesce stupido, e con quelle parole si lanciò fuori dall’acqua e andò ad atterrare proprio accanto al pescatore. Ora, il pescatore, che aveva già perso due pesci, lo mise subito nel secchio senza preoccuparsi di verificare se respirava o no. Poi lanciò ancora ripetutamente la sua rete nello stagno, ma i primi due pesci erano ormai al sicuro nella cavità sotto la riva. E questa volta il suo secchio era ben chiuso.
Il pescatore finì per rinunciare. Aprì il secchio, si accorse che il pesce stupido non respirava, lo portò a casa e lo diede da mangiare al gatto.

* * *

Si racconta che Hussein, nipote di Muhammed, trasmise questa storia-insegnamento ai Khwajagan (i “Maestri“), che nel XIV secolo presero il nome di Naqshbandi. Talvolta la storia si svolge in un “mondo” chiamato Karatas, il Paese della Pietra Nera. Questa versione è quella di Abdal (il “trasformato“) Afifi, che la ricevette dallo sceicco Mohammed Asghar, morto nel 1813. La sua tomba si trova a Delhi.

Pubblicato su www.sufi.it

(Foto di Sonia Simbolo)

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