“Essere un uomo colto oggi, molto più che in passato, vuol dire essere un uomo del proprio tempo, con lo sguardo puntato verso l’avvenire: non si può più fare dell’archeologia culturale (come si continua a fare), se prima non si è capito profondamente il messaggio del futuro.
Ciò può essere scomodo, perché obbliga a continui ripensamenti e riconversioni. Ma è proprio questa la forza dell’uomo pensante, la qualità che lo distingue dall’animale; senza questa rigenerazione culturale l’avvenire che consegneremo ai nostri figli rischia di essere soltanto un frutto avvelenato.
Osservato da un’altra galassia, il destino umano può apparire poca cosa: un breve momento, tra l’esplosione iniziale e (probabilmente) quella finale. Ma, vissuta dall’interno, questa vita è per noi la cosa più preziosa: è una fiaccola che dobbiamo cercare di trasmettere a lungo, di mano in mano, secondo un percorso che sembra addentrarsi sempre più in quella che è la vera vocazione dell’uomo: la conoscenza.
Ma siamo ancora all’altezza di questo compito?”