“Di che reggimento siete
Fratelli?
Parola tremante
nella notte.
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli.”
Giuseppe Ungaretti, “Fratelli, da “Allegria”
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Fratello ateo
“Fratello ateo, nobilmente pensoso,
alla ricerca di un Dio che non so darti,
attraversiamo insieme il deserto.
Di deserto in deserto andiamo oltre
la foresta delle fedi,
liberi e nudi verso
il Nudo Essere
e là
dove la parola muore
abbia fine il nostro cammino.”
David Maria Turoldo, “Fratello ateo”
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Il gioco è finito
“Caro fratello, quando costruiamo una zattera
per navigare lungo il cielo?
Caro fratello, presto il carico
sarà troppo grande, e noi affonderemo.
Caro fratello, sopra un foglio tracciamo
molti paesi e binari:
ma sta attento alle strisce nere,
con le mine potresti saltare.
Caro fratello, al palo allora
mi farò legare e griderò tanto;
ma tu già cavalchi su dalla valle
dei morti, e insieme fuggiamo.
Desti nel campo degli zingari e sotto la tenda
desertica, la sabbia ci scorrerà dai capelli:
né l’età tua né la mia né l’età
del mondo si misura con gli anni.
Non farti gabbare dai corvi astuti, da untuose
zampe di ragni e da penna di rovo;
non mangiare e non bere nel paese della cuccagna:
solo apparenza rigurgita da padelle e boccali.
Vince soltanto chi sopra il pontile d’oro
la magica formula ricorda della Fata Rubino:
ma devo dirti che è dileguata
con l’ultima neve, in giardino.
Per tanti sassi i piedi sono tutti una piaga.
Uno risana. Salteremo con quello,
finché verrà a rilevarci il re dei bambini
recando in bocca la chiave del regno, e così canteremo:
E’ bello il tempo in cui germogliano i datteri!
Ogni caduto ha le ali:
Purpureo è il ditale che orla il sudario del povero,
e sul mio sigillo sta impresso il tuo cuore.
E’ ora di andare a dormire, carissimo, il gioco è finito.
In punta di piedi. Le bianche camicie si gonfiano.
Babbo e mamma penseranno ai fantasmi
quando ci udranno ansimare.”
Ingeborg Bachmann, “Il gioco è finito”
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Ci sono giorni
“Ci sono giorni
in cui non ha senso
pensare agli affari propri.
Ci sono giorni
in cui bisogna avere
il cuore degli altri.
Devi stare dentro il batticuore di tutti.”
Franco Arminio
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Non sei
“Non sei
lo stato d’animo del momento,
i titoli accumulati, i vestiti che indossi.
Sei l’umanità che possiedi,
la cura che hai per chi ti cammina accanto,
l’attenzione per gli ultimi
e la presenza che dedichi alle tue relazioni.
Non sei l’equilibrio che mostri,
il sorriso di circostanza, le buone maniere,
la parola forbita.
Sei il tuo dolore che diventa pane,
il mio dolore che trasformi in calice,
le ferite del mondo che riesci a sentire,
la fiducia nel tempo che possa guarire.
Non sei le vittorie e i successi raggiunti,
il sesso appagante, le serate riuscite.
Sei la gentilezza che diventa accoglienza,
la dignità che si trasforma in barriera,
l’umiltà che ti rende autentico e nuovo.
Non sei le mille faccende che sbrighi,
quanto guadagni o i libri che hai letto.
Sei la misura del tuo cuore in quello che fai
e lo slancio sincero in quello che vivi,
la stanchezza a fine giornata,
le mani che stringi e i cuori in cui resti.
Non sei un numero su questa Terra.
Sei una stella che brilla e che lascia una scia,
un fiore che sparge profumo e regala il suo seme,
sei respiro tra mille respiri.
E se non sei davvero te stesso,
mancherà sempre un pezzo di cielo
in questo Universo.”
Margherita Roncone
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René Magritte, “La riconoscenza infinita”, 1963
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In tempi bui
“In tempi bui dobbiamo avere il talento sufficiente per lanciarci in volo nella notte come pipistrelli.
In tempi bui, dobbiamo essere abbastanza sani da vomitare tutte le bugie che ci obbligano a mandar giù ogni giorno.
In tempi bui, dobbiamo avere il coraggio sufficiente per stare soli e dobbiamo avere il coraggio sufficiente per correre il rischio di stare insieme.
In tempi bui dobbiamo essere tanto maturi da sapere che possiamo essere compatrioti e contemporanei di tutti coloro che vogliono la bellezza e vogliono la giustizia, perché non crediamo nelle frontiere di una carta geografica né in quelle del tempo.
In tempi bui dobbiamo essere sufficientemente testardi da continuare a credere, contro ogni evidenza, che la condizione umana vale la pena.
In tempi bui dobbiamo essere sufficientemente pazzi da essere chiamati pazzi.
In tempi bui dobbiamo essere sufficientemente intelligenti da disobbedire quando riceviamo ordini contrari alla nostra coscienza o al nostro buon senso.”
Eduardo Galeano, “In tempi bui”
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A uno sconosciuto
“Sconosciuto che passi! tu non sai con che desiderio ti guardo,
Devi essere colui che cercavo, o colei che cercavo (mi arriva come un sogno),
Sicuramente ho vissuto con te in qualche luogo una vita di gioia,
Tutto ritorna, fluido, affettuoso, casto, maturo, mentre passiamo veloci uno vicino all’altro,
Sei cresciuto con me, con me sei stato ragazzo o giovanetta,
Ho mangiato e dormito con te, il tuo corpo non è più solo tuo né ha lasciato il mio corpo solo mio,
Mi dai il piacere dei tuoi occhi, del tuo viso, della tua carne, passando, in cambio prendi la mia barba, il mio petto, le mie mani,
Non devo parlarti, devo pensare a te quando siedo in disparte o mi sveglio di notte, tutto solo,
Devo aspettare, perché t’incontrerò di nuovo, non ho dubbi,
Devo vedere come non perderti più.”
Walt Whitman, “A uno sconosciuto”, da “Foglie d’erba”
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Io non sono una storia che puoi raccontare”
“Io non sono una storia che puoi raccontare,
non sono una canzone che puoi cantare,
non sono un suono che puoi udire,
non sono neppure questo che puoi vedere
né quello che puoi conoscere.
Io sono una sofferenza che anche tu puoi provare,
chiamami con un grido.
Gli alberi parlano con il bosco, l’erba con la terra,
le stelle con le galassie. E io parlo con te.
Dimmi il tuo nome, dammi le tue mani,
dimmi le tue parole, dammi il tuo cuore.
Io ho scoperto le tue radici.
Attraverso le tue labbra ho parlato al Tutto,
le tue mani sono sorelle delle mie.
In una luminosa solitudine ho gridato con te
per quelli che sono vivi.
In un oscuro cimitero ho cantato con te
la più bella canzone perché quelli morti quest’anno
erano le persone che amavano di più i vivi.
Dammi le tue mani. Le tue mani mi sono familiari.
Oh tu, che ho scoperto molto tardi.
Io parlo con te come le nuvole parlano con la tempesta,
come l’erba parla con la terra,
come la pioggia parla al mare,
come gli uccelli parlano alla primavera,
come gli alberi parlano al bosco.
Perché ho scoperto le tue radici,
perché la mia voce è sorella della tua.”
Ahmad Shamlu (poeta iraniano); “Io non sono una storia che puoi raccontare”
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Ormai è sazio di ferite e di cielo
“Ormai è sazio
di ferite e di cielo. Si chiama
uomo. Si chiama donna. E’ qui
nel celeste del pianeta –
dice mamma. Dice cane
o aurora.
La parola amore l’ha inventata
intrappolato nel gelo.
Perso. Lontano. Solo. L’ha scritta
con ditate di rosso
in un silenzio caduto giù
dalla neve.”
Mariangela Gualtieri, da “Le Giovani Parole”
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Non mancherò
“Vengo da lontano,
ma non mancherò quel giorno,
Vengo dalle frontiere dell’uomo,
conosco le sue virtù estreme
e le sue estreme miserie,
nulla mi stupisce
e tutto mi sorprende.
Io stesso ho camminato a lungo
per i lunghi corridoi del buio,
spesso
colpevolmente smarrito
in facili labirinti.
Non mancherò quel giorno.
Vengo dal coniugare il verbo del silenzio,
conosco a memoria
i suoi più nascosti orizzonti.
Ho vissuto a fondo calma e tempesta,
sono stato bersaglio dei suoi fulmini,
vengo da un tempo dove amore e rabbia
si incontravano sovente nelle mani.
Non mancherò quel giorno,
in questo transito scolpito in me
l’urlo silenzioso degli assenti, e
ultimamente
la solitudine
troppo spesso mi attanaglia.
Ma non mancherò quel giorno,
la mano aperta
pronta per stringere un’altra,
quanto mai presente
io
non mancherò quel giorno
né a nessun altro.”
Egidio Molinas Leiva, “Non mancherò”
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Il tuo Cristo
“Il tuo Cristo
è ebreo
e la tua democrazia
è greca.
La tua scrittura
è latina
e i tuoi numeri
sono arabi.
La tua auto
è giapponese
e il tuo caffè
è brasiliano.
Il tuo orologio
è svizzero
e il tuo walkman
è coreano.
La tua pizza
è Italiana
e la tua camicia
è hawaiana.
Le tue vacanze
sono turche, tunisine
o marocchine.
Cittadino del mondo,
non rimproverare
il tuo vicino
di essere straniero.”
Karim Nasir
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Immagine presa dal web
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Compra calzini
“Compra calzini, capo
costa solo un euro, capo
calzini, compra calzini”.
Non sono il tuo capo
ascoltami, guardami bene
non vedi? Sono tuo fratello.
Riguardo ai calzini, lo sai
vorrei avere mille piedi
ma ne ho soltanto due:
il mio e il tuo, fratello
che in questa merda
si vive su una gamba sola.”
Marco Cinque, “Compra calzini”, da “Muri e mari”
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Noi uomini
“Vengo a cercarti, fratello,
perché porto la poesia,
che è come portare il mondo sulle spalle.
Sono come un cane che ruggisce solo,
latra alle belve dell’odio e dell’angustia,
manda all’aria la vita nella metà della notte.
Porto sogni, tristezza, allegria, mansuetudini,
democrazie rotte come anfore,
religioni ammuffite fino all’anima,
ribellioni in germe che gettano lingue di fumo,
alberi che non hanno sufficienti resine amorose.
Siamo senza amore, fratello mio,
ed è come essere ciechi in metà della terra.
Porto morti per impaurire tutti
coloro che giocano con le morti.
Vite per rallegrare i mansueti e i teneri,
speranze e uve per i dolenti.
Ma prima di tutto porto
un violento desiderio di abbracciare,
assordante e infinito
come una tormenta oceanica.
Voglio fare con le braccia
un solo lungo braccio
che circondi la terra.
E desidero che tutto,
che la vita sia nostra come l’acqua e il vento.
Che nessuno abbia altra patria che il vicino.
Che nessuno dica più la terra mia, la barca mia,
bensì la terra nostra,
di Noi Uomini.”
Jorge Debravo, “Noi Uomini”
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La verità è sempre quella
“La verità è sempre quella,
la cattiveria degli uomini
che ti abbassa
e ti costruisce un santuario di odio
dietro la porta socchiusa.
Ma l’amore della povera gente
brilla più di una qualsiasi filosofia.
Un povero ti dà tutto
e non ti rinfaccia mai la tua vigliaccheria.”
Alda Merini, “Terra d’amore”
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Noi
“Noi
abbiamo l’allegria delle nostre allegrie
e abbiamo pure
l’allegria dei nostri dolori.
Perché non ci interessa la vita indolore
che la civiltà del consumo
vende nei supermercati.
E siamo orgogliosi
del prezzo di tanto dolore
che per tanto amore abbiamo pagato.
Noi
abbiamo l’allegria dei nostri errori
dei ruzzoloni che provano la passione
dell’andare e l’amore verso il cammino.
Abbiamo l’allegria delle nostre sconfitte
perché la lotta
per la giustizia e la bellezza
vale la pena persino quando si perde.
E abbiamo sopra tutte le cose
l’allegria delle nostre speranze
mentre impazza la moda del disincanto
ora che il disincanto è diventato
un articolo di consumo massivo e universale.
Noi.”
Eduardo Galeano, “Noi”
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Invito
Nei giorni resta quella parola accogliente,
resta quel momento in cui qualcuno
ti ha aperto la sua casa
invitandoti ad entrare.
Se ne vanno,
sfumano i compiti impossibili,
le piccole cose non giuste,
impartite e subite,
forse per distrazione
o anche lieve infelicità.
Poi resta soltanto luminoso quell’attimo
in cui una persona ti si è rivelata
in una mattina qualunque,
per un momento o per sempre,
sorella, fratello.”
Francesca Olivieri, “Invito”
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Madonna Povertà
“Era bella, Madonna Povertà:
ha mutato aspetto negli ultimi tempi,
con il cambio d’orario e la sterzata dei venti.
Sciupata, discinta, scompigliati i capelli,
il portamento, le scarpe. Non ha la postura
di allora, quando i suoi piedi, puri, erano nudi.
Se possibile, è ancor peggio –
si perde in chiacchiere salottiere; polvere e viti,
orologi, oracoli, calcoli. Ma è davvero lei quella
che incontrò Francesco, con il passo leggiadro,
che intonava Obbedienza tra i casti
sentieri dell’Umbria?
Dov’è la sua signoria, la sua nobiltà? Non qui,
tra questi fantocci d’uomo, i moderni,
ma nei sassosi campi, dove a sciabolate
i cieli appaiono attraverso le alberature,
nei campi scartati e scarlatti, tra le paludi pallide,
in quei luoghi austeri, astrali.”
Alice Meynell (1847 – 1922)
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Foto di Arianna Arcangeli
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Io non sono una storia che puoi raccontare
“Io non sono una storia che puoi raccontare,
non sono una canzone che puoi cantare,
non sono un suono che puoi udire,
non sono neppure questo che puoi vedere
né quello che puoi conoscere.
Io sono una sofferenza che anche tu puoi provare,
chiamami con un grido.
Gli alberi parlano con il bosco, l’erba con la terra,
le stelle con le galassie.
E io parlo con te.
Dimmi il tuo nome, dammi le tue mani,
dimmi le tue parole, dammi il tuo cuore.
Io ho scoperto le tue radici.
Attraverso le tue labbra ho parlato al Tutto,
le tue mani sono sorelle delle mie.
In una luminosa solitudine ho gridato con te
per quelli che sono vivi.
In un oscuro cimitero ho cantato con te
la più bella canzone perché quelli morti quest’anno
erano le persone che amavano di più i vivi.
Dammi le tue mani. Le tue mani mi sono familiari.
Oh tu, che ho scoperto molto tardi.
Io parlo con te come le nuvole parlano con la tempesta,
come l’erba parla con la terra,
come la pioggia parla al mare,
come gli uccelli parlano alla primavera,
come gli alberi parlano al bosco.
Perché ho scoperto le tue radici,
perché la mia voce è sorella della tua.”
Ahmad Shamlu
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Solo nella bellezza altrui
“Solo nella bellezza altrui
vi è consolazione,
nella musica altrui
e in versi stranieri.
Solo negli altri vi è salvezza,
anche se la solitudine
avesse sapore d’oppio.
Non sono un inferno gli altri,
a guardarli il mattino,
quando la fronte è pulita,
lavata dai sogni.
Per questo a lungo penso quale
parola usare: se lui o tu.
Ogni lui tradisce un tu,
ma in cambio nella poesia di un altro
è in fedele attesa un dialogo pacato.”
Adam Zagajewski, da “Dalla vita degli oggetti”
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Massimo Mancuso, “La fratellanza”
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Que pasarìa
“Che succederebbe se un giorno
risvegliandoci scoprissimo
di essere in maggioranza?
Che succederebbe se all’improvviso
un’ingiustizia, una qualsiasi,
venisse ripudiata da tutti,
da tutti noi, da tutti
non da alcuni, da pochi, ma da tutti?
Che succederebbe se invece
di essere così divisi
ci moltiplicassimo, sommandoci tra di noi
sottraendoci al nemico
che ci sbarra la strada.
Che succederebbe se ci
organizzassimo e allo stesso
tempo affrontassimo
senz’armi, in silenzio
in moltitudini, in milioni di
sguardi, la faccia degli
oppressori, senza lodi
né plausi, né sorrisi,
senza pacche sulle spalle,
senza sigle di partito,
senza slogan?
Che succederebbe se io chiedessi
di te che sei lontano,
e tu di me che sono lontano, e entrambi
degli altri che sono molto
ma molto lontani
e gli altri di noi
anche se siamo lontani?
Che succederebbe se il grido
di un continente fosse
il grido di tutti i continenti?
Che succederebbe se abbattessimo
le frontiere e marciassimo
e marciassimo e marciassimo
e continuassimo a marciare?
Che succederebbe se bruciassimo
tutte le bandiere per conservare
soltanto una, la nostra,
quella di tutti, o meglio
nessuna perché non ne sentiamo il bisogno?
Che succederebbe se per un istante
smettessimo di essere patrioti per
diventare esseri umani?”
Mario Benedetti, “Que pasarìa” – Trad. di Milton Fernández
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Disegno di Marian Kamensky
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Pietà cuori duri
“Pietà cuori duri
Pietà, pietà cuori duri
pietà per l’uccello migratore
che ha perduto un’ala in volo.
Pietà per l’orfano gitano
che s’è giocato a carte
sella e cavallo
suicida in una prigione.
Pietà per il giovane Nessuno
ucciso in Cina
o un qualsiasi altro luogo
clima razza condizione.
Pietà per chi muore all’impiedi
dentro una camera d’affitto.
Pietà per chi cade
pietà per chi si lascia cadere.
Pietà, pietà cuori duri voi che siete sempre seduti