Pensieri

Uguale a un vulcano…

16.05.2023
“Mi è passato come un uragano di dolore. Ora volo serenamente e sorrido, ma fino a pochi minuti fa, arrotolato nel letto, invocavo mia madre; avevo la testa che mi martellava, tutto intorno, di immagini spietate di solitudini, di volti e di sentimenti di matti, di deliri che divengono cosa fisica.
Era come fossi circondato e mi fosse vicino il ghiaccio, io con nessuna altra forza che gemere.
È stata forse quella donna, quella malata che si chiama Leonori, una ultra fiorente donna bionda, esuberante e prepotente; essa da diversi giorni era garbata, accondiscendeva con dolcezza ad aiutare ogni servizio del reparto, sembrava (benché un po’ di sospetto mi rimaneva) che avesse abbandonato la violenza per la quale fino ad allora era da tutti temuta; addirittura come una monaca senza peccato accudiva con ogni pietà un’altra malata bizzosissima. E stamani ho letto una sua lettera diretta al marito dove le parole dichiaravano il suo animo che brama violenza e omicidio.
Già c’erano stati altri fatti, altre considerazioni, e tutto il nero per due ore si è aggrumato nella mia testa: solitudine, ogni persona soltanto serva del suo egoismo e della bestiale lussuria, ognuno lupo dell’altro; la mia solitudine mi faceva spavento.
Ora sto benissimo e quasi felice e mentre scrivo sorrido.
Certamente una delle cose più dolorose per la mente è quando i deliri non si classificano, non si illustrano scientificamente, ma si sentono come forza selvaggia, quanto possono svellere se trovano le condizioni per farsi vita, per passare dal mondo segreto in cui di solito vivono in quello dei fatti che accadono, i quali fatti, in quanto tali, diventano logica e ragione.”
Mario Tobino, da “Le libere donne di Magliano”, 1953
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“A quel tempo la follia non era ovattata, dissimulata, intontita, mascherata, camuffata come oggi con gli psicofarmaci. La follia esplodeva uguale a un vulcano. Nei cameroni – nudi o malamente coperti da una camicia sdrucita – urlavano i matti, in parte legati con le cinghie ai braccioli del letto. Le risse tra loro frequenti, le aggressioni agli infermieri giornaliere. Le pareti squallide, color dell’osso morto; i tavoli inchiodati al pavimento; le finestre con le sbarre, le porte chiuse a tre mandate. Nel silenzio della notte arrivavano i lamenti, le sorde imprecazioni, i suoni di bestiale disperazione. Così dalla parte degli uomini, e ugualmente nella divisione femminile; da questa in più gemeva la miseria del sesso. Tutto era carcere”.
Mario Tobino, da “Per le antiche scale”, 1972
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In evidenza: Foto di Lisa Sabbadini

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