Linguaggi

Istruzioni per invecchiare con garbo

13.11.2021
“Nessuno è così vecchio come coloro che sono sopravvissuti allentusiasmo.”
Henry David Thoreau
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La mia anima ha fretta
“Ho contato i miei anni ed ho scoperto che ho meno tempo da vivere da ora in avanti, rispetto a quanto ho vissuto finora…
Mi sento come quel bimbo cui regalano un pacchetto di dolci: i primi li mangia con piacere, ma quando si accorge che gliene rimangono pochi, comincia a gustarli intensamente.
Non ho più tempo per riunioni interminabili, in cui si discutono statuti, leggi, procedimenti e regolamenti interni, sapendo che alla fine non si concluderà nulla.
Non ho più tempo per sopportare persone assurde che, oltre che per l’età anagrafica, non sono cresciute per nessun altro aspetto.
Non ho più tempo, da perdere per sciocchezze.
Non voglio partecipare a riunioni in cui sfilano solo “Ego” gonfiati.
Ora non sopporto i manipolatori, gli arrivisti, né gli approfittatori.
Mi disturbano gli invidiosi, che cercano di discreditare i più capaci, per appropriarsi del loro talento e dei loro risultati.
Detesto, se ne sono testimone, gli effetti che genera la lotta per un incarico importante.
Le persone non discutono sui contenuti, ma solo sui titoli…
Ho poco tempo per discutere di beni materiali o posizioni sociali.
Amo l’essenziale, perché la mia anima ora ha fretta…
Non ho più molti dolci nel pacchetto…
Adesso, così solo, voglio vivere tra gli esseri umani, molto sensibili.
Gente che sappia amare e burlarsi dell’ingenuo e dei suoi errori.
Gente molto sicura di se stessa , che non si vanti dei suoi lussi e delle sue ricchezze.
Gente che non si consideri eletta anzitempo.
Gente che non sfugga alle sue responsabilità.
Gente molto sincera che difenda la dignità umana.
Con gente che desideri solo vivere con onestà e rettitudine.
Perché solo l’essenziale é ciò che fa sì che la vita valga la pena viverla.
Voglio circondarmi di gente che sappia arrivare al cuore delle altre persone …
Gente cui i duri colpi della vita, abbiano insegnato a crescere con dolci carezze nell’anima.
Sí… ho fretta… per vivere con l’intensità che niente più che la maturità ci può dare.
Non intendo sprecare neanche un solo dolce di quelli che ora mi restano nel pacchetto.
Sono sicuro che saranno squisiti, molto di più di quelli che ho mangiato finora.
Il mio obiettivo, alla fine, é andar via soddisfatto e in pace con i miei cari e con la mia coscienza.
Abbiamo due vite e la seconda inizia quando ti rendi conto che ne hai solo una.“
Mario de Andrade (poeta, scrittore, critico e musicologo brasiliano), “La mia anima ha fretta”
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                                 Foto di Lee Jeffries
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Istruzioni
“Non è facile invecchiare con garbo.
Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle,
di nuovi solchi, di nuovi nei.
Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza
mortificarla in una nuova età che non le appartiene,
occorre fare la pace con il respiro più corto, con
la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi,
con le giunture, con le arterie, con i capelli bianchi all’improvviso,
che prendono il posto dei grilli per la testa.
Bisogna farsi nuovi e amarsi in una nuova era,
reinventarsi, continuare a essere curiosi, ridere
e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole
cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia,
ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani,
allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru,
canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza.
Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo
godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli.
Bisogna camminare dritti, sapere portare le catene,
parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia.
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe stata
di morire ed io ho ancora tante cose da imparare.”
Cecila Resio, “Istruzioni”, da “L’odore dei Leoni”
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Identikit
“Forse sarò così
un vecchio solo in qualche ristorante
io che ne ho amate poche
ma conosciute tante
e ancora adesso la memoria si spezza
e si ferma anche il cuore
pensando che fantastico profumo
è una pelle con un buon odore
forse sarò così
ma non lo posso sapere
forse sarò così.
Forse sarò così
o non avrò nemmeno il tempo di invecchiare
per poi non ricordarmi neanche più
che cosa andavo a cercare
che forse era qualcosa di bello
ch’è andato via in un’ora
ed è strano proprio strano dirlo adesso
mentre lo cerco ancora
forse sarò così
ma non lo posso sapere
forse sarò così.
Lo guardo in faccia questo tempo
che si muove svelto fuori e lento dentro di me
che per quanti danni ha fatto
non ha spento il mio sorriso
e non ha scelto da sé
lo guardo in faccia e mi domando
se ogni tanto quando piango sia una finta la mia
così curioso di sapere
ogni dettaglio della storia
bella o brutta che sia
e se mi ha messo le mani addosso
lo ha fatto senza dolore
io ti perdono e non ti abbandono
povero stupido giovane vecchio uomo
e quando non starò più qui
a stropicciare questi panni
io sarò andato via così che ancora avevo diciassette anni.
Forse sarò così
seduto a riposare su un gradino delle scale
pensando come sempre dentro me
che c’era il trucco e non vale
e in quale buffa capriola saprò
se è stato un viaggio o una gita
ma fino a quel momento ci sarò perché ci sarà vita
forse sarò così
ma non lo posso sapere
forse sarò così
e allora stiamo a vedere.”

Giorgio Faletti, “Identikit”

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 Bernardo Strozzi,”Vecchia allo specchio”, 1615

 

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Rosa Centerbe

“Rosa Centerbe non ha un’età,
ma ha cent’anni:
uno per ogni filo che ha…
Ma è stata bimba, un tempo:
pensiero sudato e sfinito di chi,
in una notte di tenera passione,
si giurò amore eterno,
pensando che l’eterno
fosse il mattino dopo…
Poi, però, è nata…
Rosa Centerbe non ha un’età,
ma ha cent’anni:
uno per ogni filo che ha…
Ma è stata giovane, un tempo:
una mandria di bufali impazziti
gettata in faccia al giorno,
con la furia cieca e incosciente
di chi vuol cambiare il mondo…
Poi, però, è cresciuta…
Rosa Centerbe non ha un’età,
ma ha cent’anni:
uno per ogni filo che ha…
Ma è stata donna, un tempo:
sogno di mille notti di sogni,
un amore, un lavoro,
una famiglia,
un decoro…
Giornate piene di tutto e di niente:
dove il niente sapeva di tutto…
Poi, però, è invecchiata….
Rosa Centerbe non ha un’età,
ma ha cent’anni:
uno per ogni filo che ha…
Ma è stata anziana, un tempo:
la ricerca del passaporto
per l’eterno,
la voglia e la paura del gran viaggio,
del gran balzo in avanti
per tornare indietro,
nel vento…
Senza pensare cosa c’è davanti,
dimenticando cosa c’era dietro…
Sospesa…
Poi, però, è tornata…
Dove tutto ebbe inizio…
Dove tutto continua…
Rosa Centerbe non ha un’età,
ma ha cent’anni:
uno per ogni filo che ha…
Li ha sempre avuti…
E sempre li avrà…”

Lucio Hassan Siro, “Rosa centerbe”

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Come l’edera

“L’amore negli anziani ha radici strane
e trova – come l’edera tra le rovine,
nei cuori devastati dal tempo e dai mali –
cento brecce dove infilare i suoi rami ostinati.”

Èmile Augier, “Come l’edera”, da “L’avventuriera”, 1860

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Umberto Boccioni, “Tre donne”, (“Tre generazioni a confronto”),1909 

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Vecchiaia

“Alla fine forse
saluterò di nuovo gentilmente
come da bambino
quando ero solo:
“buongiorno, signor fiore”
“buonasera, signor albero”
inchinandomi
e toccandoli con la mano
li ringrazierò
per avermi concesso il loro tempo.
Solo che mi rispondano
dicendomi anche loro “buongiorno”
e “buonasera”
non lo crederò più
O forse si?
è di questo che ho paura.”

Erich Fried, “Vecchiaia”

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Joyce Tenneson, “Christine Lee”

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Quando sarò vecchia

 

“Quando sarò vecchia
se mai lo sarò
e mi guarderò allo specchio
e mi conterò le rughe
come delicata orografia
di pelle distesa.
Quando potrò contare i segni
lasciati dalle lacrime
e dalle preoccupazioni
e il mio corpo risponderà lentamente
ai desideri,
quando vedrò la mia vita avvolta
in vene azzurre
in occhiaie profonde
e scioglierò i miei capelli bianchi
per andare a dormire presto
come si deve
quando verranno i nipotini
a sedersi sulle mie ginocchia
fiaccate dal passare di molti inverni,
so che il mio cuore ribelle
starà ancora ticchettando
e i dubbi e i vasti orizzonti
saluteranno ancora
i miei mattini.”

 

Gioconda Belli, “Quando sarò vecchia”

 

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Ricordo il terrore delle prime rughe

 

“Ricordo il terrore delle prime rughe.
Pensando: adesso sì. Già è arrivata l’ora.
Le linee delle risate marcate sulla mia faccia
anche attraverso la più assoluta serietà.
Io, di fronte allo specchio,
cercando di dissolverle con le mie mani,
lisciandomi le guance, una e un’altra volta ,
senza risultato.
Poi c’è stato il mio specchiarmi furtiva
nelle vetrine dei negozi
chiedendomi se la luce del giorno le avrebbe rese più evidenti,
se chi mi osservava dal lato opposto della strada
stava biasimando la mia incapacità a restare giovane,
incolume davanti allo scorrere del tempo.
Ho vissuto i primi segni dell’età
con la vergogna di chi ha fallito.
Come uno studente che non supera l’esame
e deve camminare per la strada
con i brutti voti esposti davanti a tutti
Noi donne ci sentiamo in colpa
per invecchiare,
come se passata la gioventù della bellezza,
poco ci restasse da offrire,
e dovremmo fare silenzio;
uscire e lasciare spazio alla giovinezza,
ai volti e i corpi innocenti
che non hanno ancora commesso il peccato
di vivere più in là dei trenta o i quaranta anni
Non so quando ho deciso di ribellarmi.
Non accettare che solo mi concedano come valore
i dieci o venti anni con la pelle di mela;
sentirmi orgogliosa dei segni
della mia maturità.
Adesso,
grazie a questi ragionamenti
ogni volta mi soffermo di meno
di fronte allo specchio.
Passo al di sopra
della comparsa delle
inevitabili linee
nella mappa della vita del volto
Dopo tutto,
l’anima,
fortunatamente,
è come il vino.
Che mi beva chi mi ama,
per assaporare me.”
Gioconda Belli

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Io guardo le mie rughe e sorrido

“Io guardo le mie rughe e sorrido,
sono la prove, la testimonianza,
il papiro più fedele attestando
dolcemente,
come un ospite a lungo atteso.
ospiti del vivere sono loro
con ogni segreto e parsimonia,
mi riportano indietro – tortine fantastiche – infanzia, giovinezza,
il paesaggio del sogno,
la musica della parola amore,
poesia, morte,
miei amati assenti
girando nella notte;
fissate con
ostinazione con la mia pelle ed i miei occhi,
con le mie vecchie stanchezze,
fino ad imporre il loro segreto (nostalgia in sangue ed anima).
Io guardo le mie rughe e sorrido,
loro sono la prova, la testimonianza,
il papiro più fedele attestando: ho vissuto”

Serafina Núñez (poetessa cubana), “Io guardo le mie rughe e sorrido”

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Leonardo da Vinci, “Studio della testa di un guerriero per la Battaglia di Anghiari “,  1503-1504 circa 

 

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Elogio dell’ombra

 

“La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere il tempo della nostra felicità.
L’animale è morto o è quasi morto.
Rimangono l’uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell’Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all’eternità.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma è una dolcezza, un ritorno.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avrò letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall’Est, dall’Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti,
il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.”

Jorge Luis Borges, “Elogio dell’ombra”

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Uno splendido tramonto

“Cerco l’abitudine
alla pelle che
non vivo mia
al suo creparsi
Saluto la freschezza
lascio che vada
per incontrare
la mia età
Capelli bianchi
brillate al sole
colorati dai raggi
dell’ironia
Piedi andate veloci
feriti all’attrito
di conchiglie cantanti
un fiato più corto
Cammino fiera
mi guardo nuda
con orgoglio
non mi rincorro
ormai sono altro
Con arguzia e fortuna
sbaglio ancora
la faticosa strada
mi allontano da me
Il sapore del ritorno
come un vino che
fa godere il senso
di un sole che tramonta.”

Federica Bonzi, “Uno splendido tramonto”

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    Giorgione, “Ritratto di vecchi”, 1508 circa

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Casa di riposo, primo piano

“Per quanto staranno così
separati dalla propria armonia
note volate via
dallo stesso spartito,
per quanto vivranno così,
le nuche sulla federa sudata
il silenzio negli occhi
lo strepito delle mani accasciate
c’è tanto silenzio, qui, padre
la vita si alza in silenzio, qui, padre
respira salendo verso le tenebre
lo sforzo di un tronco strozzato dall’edera
e fuori sciama e chiama la gioventù fogliante
primavera mia
che ci sono finestre dove il sole
si affaccia come non desiderato
e azzurri che depongono
la loro azzurra dolcezza;
la speranza è nel gesto, papà,
senza radice e puro
dalla tua mano alla mia
dalla mia mano alla tua
lo splendore di un frutto maturo.”

Pierluigi Cappello, “Casa di riposo, primo piano”

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Virgilio Guidi, “La visita”, 1932

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Il sole dei vecchi

“Il sole dei vecchi
è un sole stanco.
Trema come una stella
e non si fa vedere,
ma solca le acque d’argento
dei notturni favori.
E tu che hai le mani piene
d’amore per i vecchi,
sappi che sono fanciulli
attenti al loro pudore.”

Alda Merini, “Il sole dei vecchi”

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Non importa quanti anni ho

“Ho l’età in cui le cose si osservano con più calma,
ma con l’intento di continuare a crescere.
Ho gli anni in cui si cominciano ad accarezzare i sogni con le dita
e le illusioni diventano speranza.
Ho gli anni in cui l’amore, a volte, è una folle vampata,
ansiosa di consumarsi nel fuoco di una passione attesa.
E altre volte, è un angolo di pace, come un tramonto sulla spiaggia.
Quanti anni ho, io? Non ho bisogno di segnarli con un numero,
perché i miei desideri avverati,
le lacrime versate lungo il cammino al vedere le mie illusioni infrante valgono molto più di questo.
Che importa se compio venti, quaranta o sessant’anni!
Quel che importa è l’età che sento.
Ho gli anni che mi servono per vivere libero e senza paure.
Per continuare senza timore il mio cammino, perché porto con me l’esperienza acquisita e la forza dei miei sogni.
Quanti anni ho, io?
A chi importa!
Ho gli anni che servono per abbandonare la paura e fare ciò che voglio e sento.”

Josè Saramago, “Non importa quanti anni ho”

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 Donatello,Maddalena, 1455 circa, (particolare del volto)

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Da vecchia

“Da vecchia non ballerò il liscio,
non l’ho saputo fare mai,
non giocherò a carte, non cucirò,
da vecchia mi farò
di botox come eroina,
truccata da vecchia gallina,
da giovane ero bella, dirò.

Da vecchia, mentirò.”

Viviana Viviani, “Da vecchia”

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Avvertimento

“Quando sarò vecchia mi vestirò di viola
Con un cappello rosso che non si intona e non mi dona.
E spenderò la mia pensione in brandy e guanti estivi
E in sandali di raso, e poi dirò che non abbiamo soldi per il burro.
Mi siederò sul marciapiede quando sarò stanca
E arrafferò assaggi di cibi nei negozi, suonerò tutti i campanelli
Farò scorrere il mio bastone sulle ringhiere
E mi rifarò della sobrietà della mia giovinezza.
Uscirò in pantofole sotto la pioggia
E raccoglierò fiori nei giardini degli altri
E imparerò a sputare.

Quando sei vecchia puoi indossare assurde camicie e ingrassare
E mangiare tre libbre di salsicce in un colpo solo
O solo pane e sottaceti per una settimana,
E accumulare penne e matite e tappi di bottiglia e cianfrusaglie nelle scatole.

Ma ora dobbiamo indossare vestiti che ci tengano asciutti,
E pagare l’affitto e non dire parolacce per strada
E dare il buon esempio ai bambini:
Dobbiamo invitare amici a cena e leggere il giornale.

Ma forse dovrei cominciare a fare un po’ di pratica adesso?
Così chi mi conosce non rimarrà troppo scioccato e sorpreso
Quando improvvisamente comincerò a vestirmi di viola.”

Jenny Joseph, “Avvertimento”

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Vecchio come sono mi prende nostalgia di una panchina
“Ora che i marciapiedi
gridano accorati
alla ristrettezza,
sorte amara è andare
uno in fila all’altro
senza abbracciarsi,
senza raccontarsi,
quasi fosse divieto
d’amore e di amicizia.
Inseguo da lontano la piazza
la panchina del raccontare,
il rimasuglio di una sosta,
l’entrare negli occhi.”
Don Angelo Casati, da “Ospitando libertà”

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Vincent van Gogh, “Persone sedute su una panchina a Bezuidenhout”, 1882

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Amabili quaranta, godibili cinquanta, plausibili sessanta, temibili settanta…

“Infine sono età, ne siamo solo portatori ignari
credendoci evoluti in cartapezza
un angolo di cattedra
– oh, sì, mia cara, sono qui, ti ascolto –
ma niente, prof, era solo per dire
andare per settanta, quale fortuna dicono gli amici
ma questa cifra non la so vedere

– Tu non capisci d’esser prediletta-
Ah sì? Non me ne sono accorta e mi perdoni Dio
o chi per lui, se mi rimane il dubbio
che sia la vita a non contarla giusta.
Avere un corpo
sapete quante cose
ci si possono fare con un corpo?
lo si può accarezzare, alimentare, amare
curare, profumare, inghirlandare
lo si può adoperare, triturare,
ridurlo a scaglie oppure a quadrettini
discioglierlo nell’acido, farci pure il sapone
sentirlo spasimare urlare crepitare…
– Puoi smettere, ho capito –
ma certo, prof, lo si può tacitare.

E questo, l’uomo, lo crede sua invenzione
invece ha predisposto tutto Dio:
un corpo lo si forma dentro un corpo
e questo è il primo abuso
lo si espone agli attacchi dei batteri
dei virus, delle cellule impazzite
lo si fa stare immobile, interrotto
dall’alto tradimento della vita
o tranciato di netto
infine lo si priva del calore
e quello che fu un uomo
diventa cibo ai vermi oppure cenere.

Allora, prof? se proprio mi volesse interrogare
è questo l’uomo:
Prêt-à-Porter di carne tremula
sullo chassis di ossa.

– Ma… siamo il pensiero! –

Già… l’ennesimo mistero.”

Cristina Bove

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 Foto di Fausto Podavini, “MiRelLa”, 2006

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Pianto antico

“I vecchi hanno il pianto facile.
In pieno meriggio
in un nascondiglio della casa vuota
scoppiano in lacrime  seduti.
Li coglie di sorpresa
una disperazione  infinita.
Portano alle labbra uno spicchio
secco di pera, la polpa
di un fico cotto sulle tegole.
Anche un sorso d’acqua
può spegnere una crisi
e la visita di una lumachina.”

Leonardo Sinisgalli

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Vincent van Gogh, “Sulla soglia dell’eternità” (“Vecchio che soffre”), 1890. 

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La ghirlanda

“La vecchiaia è una bella stagione
i muscoli sono più fiacchi
curva è la schiena
quasi piegata in due
e tu guardi i tuoi piedi
e se non stai seduto
il cielo e le sue stelle non li vedi.
Ma tutto sta nel cuore: i sentimenti,
la memoria, l’affetto del passato, i paesaggi
le montagne, il mare,
le persone che amasti e che ami ancora,
le canzoni che cantasti
e la vita che vivesti.
La vecchiaia ti regala i ricordi,
e questa è la ghirlanda
del sogno che verrà.”
Eugenio Scalfari, “La ghirlanda”, da “L’ora del blu”, 2019
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Morteza Katauzian, “Vecchio stanco”
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Desideri
“Ho raggiunto la pace dei sensi
dicono i vecchi
con un pizzico di civetteria.
Ma non esiste la pace dei sensi.
Quando i sensi languono
si moltiplicano i desideri
che diventano tanto più intensi
quanto sono immaginari.
La pace dei sensi e dei desideri
arriva quando esci dal tempo e dallo spazio
e l’energia senza più forma
vaga
nell’universo dei quanti
in cerca d’un poeta
che la catturi di nuovo.”
Eugenio Scalfari, “Desideri”, da “L’ora del blu”, 2019
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Illuminazione

“Entro nella vecchiaia in punta di piedi,
come in un bosco d’autunno,
passo dopo passo sulle foglie vive
che ancora cadono.
Davanti a me – l’albero della vita.

E lentamente con sguardo ansimante
salgo verso il passato
e scendo nei giorni futuri.
Finalmente! Tanto infinito è per me
il cammino senza fretta.

Le direzioni non sono avare di curve.
La lontananza non fa male.
Non colpisce il gong della luna.
Non può essere incatenato
lo spirito che ha infranto le catene.

Non ti può essere tolto
quello che hai dato.
Mi rimane un’ultima
goccia di luce senza fine.
E spira pace dal mondo intero.”

Blaga Dimitrova (poetessa bulgara), da “A metà”, 1990
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Pompeo Batoni, “Il Tempo ordina alla Vecchiaia di distruggere la Bellezza”, 1746 circa 
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I vecchi
“Stanno nella piega di questa terra,
coperti da un brandello di notte,
e attendono Dio.
Una spina gli ha serrato la bocca
la parola gli si è persa negli occhi
che parlano come fontane
In cui è affondato un cadavere.
Oh, i vecchi,
che portano negli occhi, unico avere,
la loro bruciata discendenza.”
Nelly Sachs
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Una vecchia
“No signore.
Né le rughe che vedi, né la carne che cade a pezzi,
né il sorriso sfigurato, niente, niente di tutto questo è mio.
Io sono quell’interno infinito e sempre giovane, fermamente
convinta di queste mie idee , che non mi lasceranno,
anche se la morte grigia e stupida
minaccia di portare via l’essenza.
Pazza?
beh sì, pazza,
aggrappata a tutto:
alla mia progenie, ai miei antenati,
alle mie cose, alla patria,
a quel fluido che scivola
per questo corpo ogni volta più ossuto,
sempre più sinistro e assente.
Morirò così
credendo di contenere in queste mani trasparenti
l’indole indomita dentro di me sempre giovane.”
Pablo Jofré (poeta cileno), “Una vecchia”
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William Ely Hill, “La moglie e la suocera”, illusione ottica pubblicata sulla rivista “Puck” il 6 novembre 1915

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Dedica, molti anni dopo 

“Queste parole di un uomo dal cuore debole,
sorta di macchine o giochi per soffrire di meno,
ad altri uomini dal cuore debole:
coscritti balbuzienti, spretati dagli occhi miopi,
guitti fischiati, collegiali alla gogna,
re in esilio invecchiati a un tavolo di caffè,
che un giorno finalmente un sicario pietoso
aiuta dietro un muro, con un coltello…
Queste parole di un moribondo di provincia
a chiunque abbia scelto di somigliargli,
col viso contro i vetri, fisso a guardare nell’orto
un albero di ciliegio teatralmente morire…
Queste parole scritte senza crederci,
e tuttavia piangendo,
a un me stesso bambino che uccisi o che s’uccise,
ma che talora, una due volte l’anno,
non so come fiocamente rinasce
e torna a recitarsele da solo…
Per poco ancora, per qualche giorno ancora:
finché giunga l’inverno nel suo mantello d’ussar
e il fuoco le consumi e le consegni alla notte.”
Gesualdo Bufalino, “Dedica, molti anni dopo “, da “L’amaro miele”,1982

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Risarcimento

“La vita non sempre fa male,
può stracciarti le vele, rubarti il timone,
ammazzarti i compagni a uno a uno,
giocare ai quattro venti con la tua zattera,
salarti, seccarti il cuore
come la magra galletta che ti rimane,
per regalarti nell’ora
dell’ultimo naufragio
sulle tue vergogne di vecchio
i grandi occhi, il radioso
innamorato stupore
di Nausicaa.”

Gesualdo Bufalino, da “Il malpensante”

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Foto di Marta Kruk

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Replica
“Invecchiare è un compito spiacevole, non lo nego.
Circondati da oggetti comuni, stoviglie di plastica,
corna appese nell’ingresso,
costumi appena colorati dal tempo
e un orologio luccicante, che segnala il passaggio.
Invecchiare può essere un lavoro degno
quando si ha la mano della morte vicina
e si impara ad esserne amico e mai avversario.
È importante amare per saper invecchiare.
Al singolare, o al plurale, la vita assume
un tono diverso.
Vivi per morire, apri il tuo sorriso.
Come se la morte fosse una farfalla
e restare ritti, in mezzo alla folla,
il dolce mestiere di sapersi eterni
sotto la rugiada del mattino.”
Alfonso Chase (Costa Rica), da “L’albero del tempo”, 1967 – Traduzione di Alessio Brandolini
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