Pensieri

Come Atlante…

04.03.2024
– Come sta?
– Insomma.
– Così male?
– Ho detto insomma.
– Lei quando dice che sta bene significa che sta male e quando dice che sta molto bene poi scopriamo che è il minimo accettabile per un essere umano. Con insomma mi fa un po’ preoccupare.
– Sempre insomma rimane.
– Vuole parlarne un po’?
– Non c’è niente da parlare, son sempre le solite cose.
– Se sono sempre le solite cose perché si sente così?
– Perché sono stanco. Sono esausto. E lo so che tutti sono stanchi e tutti sono esausti, e lo so che nel Sierra Leone ci sono i bambini soldato che immagino siano parecchio esausti pure loro, ma io questa settimana di più. Scusi.
– Non si scusi per essere stanco.
– Scusi.
– Sa cos’è lei?
– No, ma inizio a sospettarlo.
– Lei è un Atlante.
– Geografico?
– Mitologico. Conosce la leggenda di Atlante?
– Ho fatto il liceo artistico, conosco pochissime cose.
– Atlante era un titano che durante la guerra si era alleato con Crono, il padre di Zeus. Dopo la vittoria Zeus lo punì piazzandogli sulle spalle il peso del mondo.
– Ah sì, adesso mi ricordo, avevo una cosa DeAgostini con il disegno.
– Lei tiene sulle spalle il peso del mondo, del suo mondo, che poi è lo stesso. Non so quando o come, ma a un certo punto, qualcuno o qualcosa le ha fatto credere che quel peso fosse suo. Solo suo.
– Dice?
– Ci sono tante tribù in giro per il mondo, tribù affettive, tribù emotive, tribù nascoste, società segrete legate fra loro da vizi, paure, paranoie, traumi. E poi ci sono i figli di Atlante, come lei, piegati sotto il peso di tutto quello che si portano sulle spalle.
La vita un giorno vi ha detto “reggi qui un attimo” e voi, un po’ perché siete stati colti alla sprovvista, un po’ perché non volevate disturbare nessuno, avete risposto “va bene” e vi siete caricati qualcosa sulle spalle. E poi l’avete rifatto e poi l’avete rifatto ancora. Sa cos’è successo dopo ad Atlante?
– Si è reso conto che pagava uno psicologo per farsi raccontare puntate di Pollon?
– Un bel giorno arriva Ercole, che è impegnato nelle dodici fatiche e ha bisogno di una mano per recuperare le mele sacre nel giardino delle Esperidi. Così chiede aiuto ad Atlante, e in cambio si offre di reggere il peso del mondo per un po’. Atlante accetta di aiutarlo, si scarica il mondo dalle spalle e per la prima volta da chissà quanto tempo raddrizza la schiena e scopre com’è la vita senza quel peso costante a piegarlo.
– E poi?
– E poi niente, torna con le mele, Ercole lo frega con un trucco idiota alla “c’hai la scarpa slacciata” e gli piazza di nuovo il globo sulle spalle per il resto dell’eternità.
– Bella. Grazie. Adesso sto molto meglio. È sicuro che debba venire in studio e non possiamo semplicemente mandarci delle mail?
– Ogni tanto nella vita succede qualcosa, spesso son cose abbastanza banali, una buona giornata, un motivo d’orgoglio, un momento felice che riusciamo a non sprecare, cose che per un attimo il peso ce lo tolgono di dosso. E noi in quell’attimo percepiamo com’è vivere con la schiena dritta. Poi però arriva Ercole.
– E chi sarebbe Ercole?
– Questa è la parte deprimente. Il più delle volte siamo noi. Ci inganniamo in tutti i modi per convincerci a rimettere quel peso sulle spalle e finiamo col cascarci sempre.
– Perché non se ne andava?
– Atlante?
– Sì. Perché non mollava tutto, non mollava il mondo?
– Perché non è facile, perché era la sua punizione, e forse come succede spesso pensava di meritarsela. Ma io ho un’altra teoria.
– Sentiamo.
– Perché, a forza di reggerlo, si era convinto che quel peso fosse una sua responsabilità, che fosse lui quel peso. Lei pensa che quel peso che la schiaccia sia una sua responsabilità?
– Certo, è il mio mondo.
– Ecco, lei è un Atlante perché non ha ancora capito una cosa fondamentale.
– Cioè?
– Se è pesante non è il suo mondo.
Fonte: Ordine Psicologhe e Psicologi del Veneto

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