Pensieri

Chiostro

04.03.2024
“Dentro il cassetto del guardaroba ho un gran numero di anni da scegliere: ci sono anni colorati e anni trasparenti, anni nuvolosi e grigi, anni che a volte mi si smarriscono, anni.
Se scelgo un anno verde cerco di vestirmi ad hoc per il pranzo in campagna, quest’anno lo metto sulla mia testa affinché tutti mi guardino. Se fiuto che pioverà, metto sotto la blusa alcuni anni nuvolosi affinché si impregnino di pianto; conservo gli anni rossi per i compleanni, è per questo che ne ho tanti, non ricordo mai le date e mi si stanno accumulando. Ci sono anni così grandi che occorre ripiegarli per non farli uscire dal cassetto, specialmente quelli che contengono tutta la famiglia, ce ne sono altri sgualciti per opera e grazia del convento e altri molto sporchi, Dio solo sa perché, Dio solo sa.
Ogni tanto mi assale un dubbio: è probabile che mi manchino degli anni, ogni volta sento che sono di meno; sospetto della vicina che ulula nella camera di fianco o della strega che pulisce la mattina con quell’odore di cloro marcio: forse me li stanno rubando.
Non saprei che fare senza di loro, i miei anni.”
Lucero Alanís, da “Chiostro”, 2015 – – Traduzione di Marco Benacci
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Vidal Fernández Richart , “Vidas paralelas”
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“— Io credo – dice la monaca Stéfana – io credo, ripeti con me.
Credo in Dio.
Credo nei biscotti che rubiamo dal refettorio.
Credo nel nascondiglio che c’è nell’orto, dove non ci trovano all’ora del rosario.
Credo nell’esistenza di un padre che non è il mio, perché usa la sottana e ci porta nel confessionale per farci sedere sulle sue ginocchia (non sopporto il suo odore) e accarezzarci.
Credo nelle novizie arrabbiate quando nascondiamo i loro messali.
Credo nell’alito fetido della madre superiora quando vocifera (ma quello di mia madre è superiore).
Credo negli scherzi che facciamo al giardiniere per farlo diventar matto.
Credo nelle mie ginocchia piene di sangue dopo essere stata denunciata da una traditrice quando misi del peperoncino nella limonata.
Credo che la vergine (forse è molto occupata) non mi guardi.
Credo nel flagello con cui si frusta la monaca Stéfana, con il quale mi frusta quando mi scopre dietro il guardaroba, e per questo non l’ho mai voluta chiamare Stéphanie. Credo nelle uniformi, a volte blu, a volte bianche, nelle inferriate delle piccole finestre di sporchi cristalli, così alte che non riesco a vedere se c’è qualcosa al di là in cui credere.
Credo nell’odore della clausura e del decotto.
Credo nella pesante porta che mai si apre; solo un’imposta fa apparire un volto sconosciuto, e nella notte mi perseguita un viso dentro una cornice.
Credo nella porta chiusa.
Apriti, sesamo.”
Lucero Alanìs (scrittrice messicana), da “Chiostro”, 2015 – Traduzione di Marco Benacci
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Veniero Canevari
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Immagine in evidenza: Veniero Canevari, “Offerta del fiore”

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