Pensieri

Les Pensées de M. Pascal

16.02.2025

“Ridersela della filosofia significa filosofare per davvero.”

“Volete che gli altri pensino bene di voi? Non parlatene.”

“Tutto questo mondo visibile non è che un impercettibile segmento nell’ampio cerchio della natura. Nessuna idea le si accosta. Abbiamo voglia di gonfiare le nostre concezioni, al di là degli spazi immaginabili; noi riusciamo soltanto a partorire atomi rispetto alla realtà delle cose. È una sfera infinita il cui centro è dappertutto e la circonferenza da nessuna parte.”

 

“Mentre scrivo il mio pensiero, questo talvolta mi sfugge; ma ciò mi fa ricordare la mia debolezza, che dimentico ad ogni momento; il che m’istruisce quanto il pensiero dimenticato, poiché non tendo che a conoscere il mio nulla.”

 

“Che cos’è in fondo l’uomo nella natura? Un nulla rispetto all’infinito, un tutto rispetto al nulla; un qualcosa di mezzo tra il niente e il tutto. Infinitamente lontano dall’abbracciare gli estremi, la fine delle cose e il loro principio gli sono invincibilmente nascosti in un impenetrabile segreto, ed egli è ugualmente incapace di vedere il nulla da cui è stato tratto e l’infinito dal quale è inghiottito.”

 

“Basta poco per consolarci, perché basta poco per affliggerci.”

 

“Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera.”

 

“L’uomo è così infelice che si annoierebbe anche senza alcuna causa di noia per lo stato proprio della sua natura.”

 

“Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. È con questo che dobbiamo nobilitarci e non già con lo spazio e con il tempo che non potremmo riempire. Studiamoci dunque di pensar bene: questo è il principio della morale.”

 

“Gli uomini si interessano a inseguire una palla o una lepre: è anche il piacere dei re.”

 

“Siamo tanto presuntuosi che vorremmo essere conosciuti da tutta la terra, anche da quelli che vivranno quando noi non esisteremo più; e siamo tanto fatui che la stima di cinque o sei persone che ci circondano ci rallegra e ci fa contenti.”

 

“Il naso di Cleopatra: se fosse stato più corto, tutta la faccia della terra sarebbe cambiata.”

 

“Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria e l’ignoranza, hanno deciso di non pensarci per rendersi felici.”

“L’unica cosa che ci consola delle nostre miserie è il divertimento, e intanto questa è la maggiore tra le nostre miserie. Perché è esso che principalmente ci impedisce di pensare a noi stessi e ci porta inavvertitamente alla perdizione. Senza di esso noi saremmo annoiati, e questa noia ci spingerebbe a cercare un mezzo più solido per uscirne. Ma il divertimento ci divaga e ci fa arrivare inavvertitamente alla morte.”
“Ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà sempre occupati del passato e dell’avvenire. Non pensiamo quasi mai al presente, o se ci pensiamo, è solo per prenderne il lume al fine di predisporre l’avvenire. Il presente non è mai il nostro fine; il passato e il presente sono i nostri mezzi; solo l’avvenire è il nostro fine. Così, non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e, preparandoci sempre ad esser felici, è inevitabile che non siamo mai tali.”
“Ci conosciamo tanto poco che parecchi credono di stare per morire quando stanno bene; e parecchi credono di stare bene quando sono vicini a morire, perché non sentono la febbre vicina o l’ascesso pronto a formarsi.”
“Corriamo senza curarci del precipizio, dopo aver messo qualcosa davanti a noi per impedircene la vista.”
“Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in un’ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli spaventosi spazi dell’universo, che mi rinchiudono; e mi trovo confinato in un angolo di questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po’ di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l’eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un atomo e come un’ombra che dura un istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare.”
“Quando considero la breve durata della mia vita, assorbita nell’eternità che precede e che segue il piccolo spazio che occupo e che vedo inabissato nell’infinita immensità degli spazi che ignoro e che m’ignorano, mi spavento, e mi stupisco di vedermi qui piuttosto che là, perché non c’è ragione che sia qui piuttosto che là, adesso piuttosto che allora.”
“Per il calcolo delle probabilità, dovete studiarvi di cercare la verità, perché se morite senza adorare il vero principio, siete perduto.
– Ma, mi direte, se Egli avesse voluto che lo adorassi, mi avrebbe lasciato i segni della sua volontà.
– Appunto così ha fatto. Voi però li trascurate. Cercateli, perché ne vale la pena.”
“Se c’è un Dio, egli è infinitamente incomprensibile, perché, non possedendo né parti né limiti, non ha alcuna proporzione con noi. […] “Dio esiste oppure non esiste?” Da che parte ci decideremo? La ragione non può decidere nulla; c’è di mezzo un caos infinito. Si giuoca una partita, all’estremità di questa distanza infinita, dove risulterà testa o croce. Su che cosa puntare? Secondo ragione, non potete scegliere né l’uno né l’altra; secondo ragione, non potete escludere nessuno dei due. Dunque non accusate di falsità coloro che hanno fatto una scelta, perché non ne sapete niente.”

“Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.”

 

“Il cuore, e non la ragione, sente Dio. E questa è la fede: Dio sensibile al cuore e non alla ragione.”

 

“Conosciamo la verità non solo con la ragione ma anche col cuore.”

 

“Mio, tuo. – «Questo cane è mio», dicevano quei poveri ragazzi. «Questo posto al sole è mio». Ecco l’inizio e l’immagine dell’usurpazione su tutta la terra.”

 

“Che cosa è l’io?
Un uomo si mette alla finestra per vedere i passanti; se io passo di là, posso dire che vi si è messo per veder me? No, perché egli non pensa a me in particolare. Ma colui che ama una persona a causa della sua bellezza, l’ama veramente? No, perché il vaiuolo, che distruggerà la bellezza senza distruggere la persona, farà sì che egli non l’amerà più.
E se sono amato per il mio ingegno, per la mia memoria, è amato il mio io? No, perché io posso perdere queste qualità senza perdermi io stesso. Dove è dunque questo io, se non è nel corpo, né nell’anima? E come amare il corpo e l’anima, se non per queste qualità, le quali non sono quelle che costituiscono il mio io, per il fatto che sono periture? Si può amare la sostanza dell’anima d’una persona astrattamente, qualunque siano le sue qualità? Impossibile, e sarebbe ingiusto. Dunque non si ama mai una persona ma soltanto delle qualità.
Per questo non dobbiamo deridere coloro che si fanno onorare per le loro cariche o per il loro ufficio, perché non si ama nessuno se non per delle qualità avute in prestito.”

 

“Non si riesce a immaginare Platone e Aristotele se non con gran vesti di pedanti. Erano invece delle persone comuni e ridevano, come gli altri, con i loro amici; e quando si sono divertiti a scrivere le Leggi e la Politica l’hanno fatto per divertirsi; questa era la parte meno filosofica e meno seria della loro vita, mentre la più filosofica era di vivere semplicemente e tranquillamente. Se hanno scritto di politica, l’han fatto come per dar norme per un manicomio; e se hanno finto di parlarne come di cosa seria, l’hanno fatto perché i pazzi a cui si rivolgevano credevano di essere re e imperatori, ed essi si immedesimavano dei princìpi di costoro per rendere la loro follia meno dannosa possibile.”

 

“Istinto e ragione, segni di due nature.”

 

“Il pensiero costituisce la grandezza dell’uomo.”

 

“L’uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna pensante. Non c’è bisogno chetutto l’universo s’armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d’acqua basta a ucciderlo. Ma, anche se l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe ancor più nobile di chi lo uccide, perché sa di morire e conosce la superiorità dell’universo su di lui; l’universo invece non ne sa niente.”

 

“Non devo chiedere la mia dignità allo spazio, ma al retto uso del mio pensiero. Non otterrei nulla di più col possesso delle terre; mediante lo spazio, l’universo mi circonda e mi inghiottisce come un punto; mediante il pensiero, io lo comprendo.”

 

“Quel che può la virtù di un uomo non si deve misurare dai suoi sforzi ma dal suo comportamento ordinario. ”

 

“La natura dell’uomo non è di avanzare sempre; ha i suoi alti e bassi.”

 

“L’uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l’angelo fa la bestia.”

 

“La grandezza dell’uomo è grande in questo: che si riconosce miserabile. Un albero non sa di essere miserabile. Dunque essere miserabile equivale a conoscersi miserabile; ma essere grande equivale a conoscere di essere miserabile.”

 

“Abbiamo un’opinione così grande dell’anima dell’uomo che non possiamo tollerare di essere disprezzati e di non essere stimati; tutta la felicità degli uomini consiste in questa stima.”

 

“La grandezza dell’uomo è così evidente che si deduce anche dalla sua miseria. Infatti ciò che è natura negli animali lo chiamiamo miseria nell’uomo; dal che deduciamo che essendo oggi la sua natura simile a quella degli animali, egli è decaduto da una migliore natura, che un tempo gli era propria.”

 

“Gli uomini sono così necessariamente folli che il non essere folle equivarrebbe a essere soggetto a un’altra specie di follia.”

 

“Che cosa dunque ci gridano questa avidità e questa impotenza se non che un tempo c’è stata nell’uomo una vera felicità di cui adesso non gli restano che il segno e la traccia di un vuoto che egli inutilmente cerca di colmare con tutto quello che lo circonda, chiedendo alle cose assenti il soccorso che non ha dalle presenti, ma che tutte quante sono incapaci di dargli, perché l’abisso infinito non può essere colmato se non da un oggetto infinito e immutabile, vale a dire Dio stesso?”

 

“Il cristianesimo è strano. Ordina all’uomo di riconoscersi vile e abominevole, e gli ordina di voler essere simile a Dio. Senza un tale contrappeso, questa elevazione lo renderebbe orribilmente superbo, oppure quell’abbassamento lo renderebbe terribilmente abietto.”

 

“La Divinità dei Cristiani non consiste già in un dio semplicemente autore delle verità geometriche, e dell’ordine degli elementi: ciò spetta ai Pagani. Essa non consiste semplicemente in un Dio, qual esercita la sua provvidenza sopra la vita, e sopra li beni degli uomini, per dare una felice serie d’anni a coloro che l’adorano; questa è la speranza degli Ebrei. Ma il Dio d’Abramo, e di Giacobbe, il Dio dei Cristiani egli è un Dio d’amore, e di consolazione; egli è un Dio che riempie l’anima, e il cuore che lo possiede; egli è un Dio, che fa loro internamente sentire la loro miseria, e la sua misericordia infinita; che loro s’unisce nell’intimo dell’anima loro; che la ricolma di umiltà, di gioia, di fidanza, d’amore; che gli rende incapaci d’altro fine che di lui stesso. Il Dio dei Cristiani è un Dio, il qual fa sentire all’anima, che egli è il suo unico bene, che ogni sua pace sta in lui, e che ella non troverà giubilo che in amarlo; e nello stesso fa sì, che essa aborrisca gli ostacoli che la trattengono, e che la impediscono di amarlo con tutte le sue forze. L’amor proprio, e l’appetito concupiscibile, che l’arrestano, le riescono insopportabili. Questo Dio le fa sentire, ch’ella ha quel capitale d’amor proprio, e ch’egli solo può guarirnela. Ecco sia il conoscere Dio da Cristiani.”

Les Pensées furono composti da Blaise Pascal a partire dal 1658 e in un arco di tempo che occupò soprattutto gli ultimi anni della sua vita. Il suo obiettivo  era quello di scrivere un’Apologia del cristianesimo fondata su di una ricerca teologica che fosse capace di dimostrare l’obiettività della fede contro ogni forma di  razionalismo.
Les Pensées non costituiscono un’opera omogenea né sono leggibili alla luce di un pensiero unico, ma si presentano come un insieme di riflessioni sull’uomo e sul mondo, riflessioni che alternano l’aguzia e l’ironia delle osservazioni con una solennità talvolta drammatica.
Dei Pensieri, pubblicati  postumi, il 2 gennaio 1670, da Guillaume Desprez con il titolo Les Pensées de M. Pascal sur la religion et sur quelques autres sujets, qui ont été trouvées après sa mort parmy ses papiers, esistono due copie che  un anonimo copista  trascrisse dopo la morte di Pascal, nonché un Recueil des papiers originaux des Pensées de Pascal (“Raccolta delle carte originali dei Pensieri di Pascal”).
Tre sono le edizioni dei Pensieri: la prima, che cerca di darne una lettura sistematica, risale  al 1670 e ai suoi amici dell’abbazia di Port-Royal.
La seconda edizione quella del 1925 di Jacques Chevalier  invece cerca di ricalcare l’originale progetto apologetico.
La terza edizione, che risale a  Louis Lafuma (1951) e a Michel Le Guern (1932), ha un orientamento più squisitamente filologico in quanto cerca di seguire l’ordine delle copie sopra citate.
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Nell’immagine: Ritratto di Pascal eseguito da un anonimo intorno al  1690 circa

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