Il figlio dell’uomo
“C’è stata la guerra e la gente ha visto crollare tante case e adesso non si sente più sicura nella sua casa com’era quieta e sicura una volta. C’è qualcosa di cui non si guarisce e passeranno gli anni ma non guariremo mai. Magari abbiamo di nuovo una lampada sul tavolo e un vasetto di fiori e i ritratti dei nostri cari, ma non crediamo più a nessuna di queste cose perché una volta le abbiamo dovute abbandonare
all’improvviso o le abbiamo cercate inutilmente fra le macerie.[…]
Non guariremo più di questa guerra. È inutile. Non saremo mai più gente serena, gente che pensa e studia e compone la sua vita in pace. Vedete cosa è stato fatto delle nostre case. Vedete cosa è stato fatto di noi. Non saremo mai più gente tranquilla.
Abbiamo conosciuto la realtà nel suo volto più tetro. Non ne proviamo più disgusto ormai. C’è ancora qualcuno che si lagna del fatto che gli scrittori si servano d’un linguaggio amaro e violento, che raccontino cose dure e tristi, che presentino nei suoi termini più desolati la realtà.Noi non possiamo mentire nei libri e non possiamo mentire in nessuna delle cose che facciamo. E forse questo è l’unico bene che ci è venuto dalla guerra. Non mentire e non tollerare che ci mentano gli altri.[…]
Il pericolo, il senso di doversi nascondere, il senso di dover lasciare all’improvviso il calore del letto e delle case, per tanti di noi è cominciato molti anni fa. Si è insinuato negli svaghi giovanili, ci ha seguito sui banchi della scuola e ci ha insegnato a veder nemici dovunque. Così è stato per tanti di noi, in Italia e altrove, e si credeva che un giorno avremmo potuto camminare in pace sulle strade delle nostre città, ma oggi che potremmo forse camminare in pace, oggi noi ci accorgiamo che non siamo guariti di quel male. Così siamo costretti a cercare sempre nuove forze, sempre una nuova durezza da contrapporre a qualsiasi realtà. Siamo spinti a cercare una serenità interiore che non nasce dai tappeti e dai vasetti di fiori.
Non c’è pace per il figlio dell’uomo.”
Natalia Ginsburg, da “Il figlio dell’uomo” in “Le Piccole virtù”, 1962
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