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Finestre…

21.11.2021
“Dentro un raggio di sole che entra dalla finestra, talvolta vediamo la vita nell’aria.
E la chiamiamo polvere.”
Stefano Benni
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Una finestra
“Una finestra per vedere
una finestra per sentire
una finestra che come bocca di un pozzo
giunga in fondo al cuore della terra.
E si apra lungo questa continua grazia azzurra,
una finestra che nel favore notturno del profumo di nobili stelle
trabocchi di piccole mani della solitudine,
e da lì potremo invitare il sole
all’esilio dei gerani.
Mi basta una finestra.
Vengo dal paese delle bambole
sotto l’ombra di alberi di carta
nel giardino di un libro illustrato
dalle stagioni secche dell’esperienza arida dell’amicizia e dell’amore
dai sentieri polverosi dell’innocenza
dagli anni fiorenti nelle pallide lettere dell’alfabeto
da dietro i banchi di una scuola malsana
quando i bambini ormai sapevano
scrivere sulla lavagna la parola pietra
gli stormi confusi volarono dai vecchi alberi.
Vengo dal cuore fra le radici di piante carnivore
e la mia testa ancora
trema all’urlo terribile di una farfalla
crocifissa sull’album con uno spillo.
Quando la mia fede era impiccata alle fragili corde della giustizia
e in tutta la città
facevano a pezzi il cuore dei miei occhi,
quando soffocarono con il fazzoletto nero della legge
gli occhi infantili del mio amare
e dalle tempie pulsanti della mia speranza
sgorgavano fiotti di sangue,
quando la mia vita ormai non era più nulla,
nulla, se non il tic-tac di un orologio,
capii che dovevo amare,
amare, amare follemente.
Mi basta una finestra.
una finestra nell’ora dell’intesa, dello sguardo, del silenzio.
Adesso l’albero di noci è talmente cresciuto
che spiega alle sue giovani foglie
la presenza del muro.
Chiedi allo specchio
il nome che ti salverà,
la terra che freme sotto i tuoi passi
non è più sola di te stessa?
I profeti del nostro tempo
hanno forse portato le scritture della rovina?
Tu, amico, tu, fratello, tu che hai il mio stesso sangue
quando arriverai sulla luna
scrivi la storia della strage dei fiori.
Sempre i sogni
s’infrangono dall’alto e muoiono,
io annuso il quadrifoglio
che spunta sulla tomba di antichi sensi.
La donna che divenne polvere nel sudario dell’attesa e del pudore,
era forse la mia giovinezza?
Salirò di nuovo, io, per le scale della curiosità
per salutare il buon Dio che cammina sul tetto di casa?
Sento che il tempo è trascorso
sento che è un istante la mia parte
tra le pagine di storia
sento che il tavolo è il pretesto di una pausa
tra i miei capelli e le mani di questo triste sconosciuto.
Parla, parla con me
esiste forse qualcuno che conceda a te il suo corpo caldo?
E da te non desideri altro che sentire la vita che scorre?
Parla, parla con me,
salva,
al riparo della mia finestra,
sono amica del sole.”
Forugh Farrokhzad, da “La strage dei fiori”, 2007
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      Street Artist Shamsia Hassani
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Farnese
“La finestra a una luce dice non immaginate,
appoggiatevi alla parete come fosse una strada.
La schiena nuda non ha più freddo. Ecco le cose
che ci abitano: il vetro trasparente, il muro opaco,
noi per le cose, una strada curva sul muro,
il muro dentro vene lenticolari. Tutto batte
come bronzo sul deserto: è innocenza
che muove la testa. Mi abiti così, come il giorno
sulla piazza che Giordano Bruno era quel piccolo
fuoco di tutti. Ti abito come il suono che si stacca
tra i palazzi incastrati, la campanella sul muro duro
caldo come un liquido muove la testa.

Maria Borio, “Farnese”, da “Trasparenza”

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Teresa Hubbard e Alexander Birchler, “Stripping”, 1998
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La finestra
“Dalvólti la véita
la dventa una finèstra
sal ròbi ch’al sta dlà
cumè ti sógn:
un pan che zócla te vent,
un fiòur, una ragaza
e cla luce biènca de mònd
dòu t’a n’i sii.”
“A volte la vita
diventa una finestra
con le cose che stanno al di là
come nei sogni:
un panno che ciondola al vento,
un fiore,
una ragazza
e quella luce bianca del mondo
dove tu
non ci sei.”

Nino Pedretti

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Non basta aprire la finestra

“Non basta aprire la finestra
per vedere la campagna e il fiume.
Non basta non essere ciechi
per vedere gli alberi e i fiori.
Bisogna anche non aver nessuna filosofia.
Con la filosofia non vi sono alberi: vi sono solo idee.
Vi è soltanto ognuno di noi, simile ad una spelonca.
C’è solo una finestra chiusa e tutto il mondo là fuori;
E un sogno di ciò che potrebbe esser visto se la finestra si aprisse,
che mai è quello che si vede quando la finestra si apre.”

Fernando Pessoa

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Paul Delvaux, “La fenêtre”, 1936

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Una finestra sul mare

“Il mio primo ricordo
è una finestra sul mare,
il cesso sul balcone
e la ringhiera di ferro
le navi che partivano e arrivavano
il suono delle sirene del postale
e i gabbiani che volavano maestosi
e all’improvviso
cadevano a picco sui pesci del mare.
Da quella finestra
cominciò la mia vita,
la mia memoria, la mia malinconia
e anche il mio risentimento
e la voglia di compensare
non so quale torto subito.”
Eugenio Scalfari, “Una finestra sul mare”, da “L’ora del blu”, 2019
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Andrew Wyeth, “Vento dal mare”, 1947
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Il balcone

“Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m’era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.Ora a quel vuoto ** congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull’arduo nulla si spunta
l’ansia di attenderti vivo.La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s’illumina.”
Eugenio Montale, “Il balcone”, da “Le occasioni” (poesie composte fra il 1928 e il 1939 )
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Una finestra
“Una finestra per vedere
una finestra per sentire
una finestra che come bocca di un pozzo
giunga in fondo al cuore della terra.
E si apra lungo questa continua grazia azzurra,
una finestra che nel favore notturno del profumo di nobili stelle
trabocchi di piccole mani della solitudine,
e da lì potremo invitare il sole
all’esilio dei gerani.
Mi basta una finestra.
Vengo dal paese delle bambole
sotto l’ombra di alberi di carta
nel giardino di un libro illustrato
dalle stagioni secche dell’esperienza arida dell’amicizia e dell’amore
dai sentieri polverosi dell’innocenza
dagli anni fiorenti nelle pallide lettere dell’alfabeto
da dietro i banchi di una scuola malsana
quando i bambini ormai sapevano
scrivere sulla lavagna la parola pietra
gli stormi confusi volarono dai vecchi alberi.
Vengo dal cuore fra le radici di piante carnivore
e la mia testa ancora
trema all’urlo terribile di una farfalla
crocifissa sull’album con uno spillo.
Quando la mia fede era impiccata alle fragili corde della giustizia
e in tutta la città
facevano a pezzi il cuore dei miei occhi,
quando soffocarono con il fazzoletto nero della legge
gli occhi infantili del mio amare
e dalle tempie pulsanti della mia speranza
sgorgavano fiotti di sangue,
quando la mia vita ormai non era più nulla,
nulla, se non il tic-tac di un orologio,
capii che dovevo amare,
amare, amare follemente.
Mi basta una finestra.
una finestra nell’ora dell’intesa, dello sguardo, del silenzio.
Adesso l’albero di noci è talmente cresciuto
che spiega alle sue giovani foglie
la presenza del muro.
Chiedi allo specchio
il nome che ti salverà,
la terra che freme sotto i tuoi passi
non è più sola di te stessa?
I profeti del nostro tempo
hanno forse portato le scritture della rovina?
Queste esplosioni continue,
e le nuvole sporche
sono forse l’annuncio di un canto sacro?
Tu, amico, tu, fratello, tu che hai il mio stesso sangue
quando arriverai sulla luna
scrivi la storia della strage dei fiori.
Sempre i sogni
s’infrangono dall’alto e muoiono,
io annuso il quadrifoglio
che spunta sulla tomba di antichi sensi.
La donna che divenne polvere nel sudario dell’attesa e del pudore,
era forse la mia giovinezza?
Salirò di nuovo, io, per le scale della curiosità
per salutare il buon Dio che cammina sul tetto di casa?
Sento che il tempo è trascorso
sento che è un istante la mia parte
tra le pagine di storia
sento che il tavolo è il pretesto di una pausa
tra i miei capelli e le mani di questo triste sconosciuto.
Parla, parla con me
esiste forse qualcuno che conceda a te il suo corpo caldo?
E da te non desideri altro che sentire la vita che scorre?
Parla, parla con me,
salva,
al riparo della mia finestra,
sono amica del sole.”
Forugh Farrokhzad, da “La strage dei fiori”, Traduzione di Domenico Ingenito, 2007
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Finestre congelate divorano
“Finestre congelate divorano
cieli di montagna e ricordi di vento
lingue sconosciute saltano su quattro sedie da cucina dipinta d’ospedale
ho chiuso nello specchio tutta la sete rimasta del sole
e l’oceano di cristallo trovato in giardino
La notte è sulla porta
come un sacerdote con mani stellate.”
Franco Busca
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Foto di Sonia Simbolo – Modella Rossana Perri

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