Affabulazioni

Le fatine dell’acqua

27.11.2021
“Stanno vicini, lei porta un po’ di mare in un bicchiere e lo versa nel secchiello. Mentre il secchiello si riempie spiega a lui: “Sono fatine dell’acqua, le porto qui, tu fai la guardia”. Lui fa no con la testa, come se volesse smentirla, prenderla in giro, c’è solo acqua e sale in quel secchiello e ribatte con tono saccente: “Ma no, non puoi lasciarle al sole, non lo vedi che perdono la magia!”. Segue un’articolata disquisizione sull’habitat delle fatine d’acqua, che certo non possono vivere a lungo in cattività. Serviranno a curarmi un piccolo taglietto sul piede e poi ritorneranno al mare.
Io non credo che Lorenzo veda le fatine di Marta, lo capisco da come mi sorride, eppure accetta di entrare nel mondo della sorella senza portare scompiglio. Si seguono per un po’ in questo racconto strampalato a due voci, ne aggiungono dei pezzi, si correggono, prima guida uno, poi l’altro, sono qui accanto a me ma lontani, in un posto loro. Penso che fantasticare insieme sia la forma d’amore che preferisco, quella più alta. Nulla di speciale in realtà: due amici che progettano un viaggio che magari non faranno mai, due amanti che sfidano il mondo fermando il tempo coi loro corpi e poi si dicono che come loro nessuno, uno scrittore e un lettore che si incontrano in un libro.
C’è stato un tempo in cui ho creduto che l’amore avesse bisogno di una tensione, sempre e comunque. Ora tiro io, ma tu non mollare! Una corda che si sposta da una parte, a volte dall’altra, ma guai a lasciare, quello è il segreto, ci si spezza piuttosto. Ora no, non lo penso più. Ora credo che l’amore sia darsi corda (non troppo, il giusto) e saltarci dentro insieme. Non so se questo c’entri con le fatine dell’acqua, ma comunque la ferita sul piede poi è guarita.”

Enrica Tesio (Fonte: Aqua Ingravitas)

Foto di Jose G. Cano

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