Pensieri

Elogio della tristezza

03.12.2021
“Più intelligente, profonda e sensibile è una persona, più probabilità ha di incrociare la tristezza. Per questo le esortazioni all’allegria sono solite proporre la messa al bando del pensiero: “ è meglio non farci caso…”
Non è così brutto essere tristi, credetemi.
Chi si intristisce scende dal suo piedistallo, cede alla fragilità, per un istante; abbandona l’orgoglio.
E in quel viaggio che compie dentro sé stesso, approfitta per pensare.
La tristezza è figlia e madre della riflessione. E anche dei migliori libri che ho letto, le migliori canzoni che ho sentito, i quadri più belli mai dipinti…
Confesso che di solito scelgo i miei amici tra i tristi. Non lo faccio apposta, mi viene naturale. Mi attira il loro sguardo perso, l’intelligenza delle loro assenze, il loro essere quasi sempre a corto di certezze.
Non crediate, però, che essere tristi voglia dire perderci in chiacchiere lacrimogene. Ridiamo spesso, anche di noi stessi. E guardiamo le donne, e ci illudiamo che loro ci guardino, e cantiamo, e ci ubriachiamo, e balliamo, e raccontiamo barzellette, e ci svegliamo in letti che non riconosciamo e, siccome facciamo dell’amore uno degli ultimi traguardi, cerchiamo che ogni volta sia, quantomeno, indimenticabile.
Essere tristi vuol dire sapere che l’allegria è un nostro diritto, ma che dobbiamo ogni volta conquistarlo.
E saper riconoscere nell’amico che ride al nostro fianco, dopo aver fatto una pagliacciata, quell’ombra che abbiamo visto tante volte aleggiare su di noi.
E mettergli quindi un braccio sulla spalla. Anche senza farlo. Senza dire niente.
Sapendo che in quel silenzio che ci affratella, ci stiamo salvando entrambi.”

Milton Fernàndez

Pablo Picasso, “Nudo blu”, 1902

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