Il tanka è un’antica forma di poesia che risale al secolo VIII e che non solo ha preceduto l’haiku, ma per lungo tempo è stata considerata come l’espressione più alta del lirismo giapponese, tanto da essere designata come waka, ossia come “poesia” per antonomasia. A differenza dell’haiku, il tanka è articolato in cinque versi (quinario, settenario, quinario, settenario, settenario) e, in passato, veniva spesso usato come una sorta di messaggio che gli amanti o anche gli amici si scambiavano tra loro, talvolta legandolo ad un ventaglio o ad un ramo fiorito. Nel tempo, però, anche i temi del tanka sono cambiati, abbandonando gli argomenti topici della cultura feudale per aprirsi a contenuti più vicini alla sensibilità delle diverse generazioni.
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Ōtomo no Yakamochi (718 – 5 ottobre 785)
“Bianche gocce di rugiada
sui pennacchi di canna
del mio giardino.
Potessi perforarle intatte…
Una collana per te.”
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“Primaverile,
di folti l’orto odora
fiori di pesco
una fanciulla sosta
nell’ombra rosea dolce.”
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“Soffio di brezza
nell’ora del crepuscolo
sul mio boschetto
di teneri bambù
quanto triste stasera.”
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Sakai Hōitsu, “Luna e prugne”
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Akiko Yosano (1878-1942)
“La mia giovinezza
è presso a finire
simile a una pianura docile
che, sùbita, spiombi
nel mare”
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“Amore o sangue?
tutta la primavera
è in questa peonia che mi ossessiona,
scende la notte, sono sola,
sola senza una poesia.”
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“Colombe
dal tetto della pagoda
i petali dei ciliegi cadono
nel vento di primavera –
scriverò la mia canzone sulle loro ali.”
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“Dopo il bagno
mi guardo nello specchio,
e, osservando il mio corpo,
sento che ancora rimane qualcosa
di ieri: un certo sorriso…”
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“Dopo il mio bagno
alla sorgente calda
questi vestiti
sono ruvidi alla pelle
così come il mondo”
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“Via Lattea:
a letto, con lui,
apro la tenda
e guardo come, all’alba,
si separano due stelle.”
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“Se qui adesso
ripenso al percorso
della mia passione
somigliavo a un cieco
senza paura del buio.”
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“Sebbene così fragile
e così breve l’amore,
ha sangue troppo giovane
questa ragazza, per bruciare
poesie di primavera.”
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Haruyo Morita
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Makiko Kasuga (da “La nuca di Maitreya”)
“Seppure siano
curvati o ventilati
i suoi rami,
un olmo solo sta in piedi
sino alla fine del cielo.”
“Cadono le foglie
di ginkgo senza sosta,
scorrono in giallo!
Lucente, l’eclittica
splende lontano.”
“Nel cielo limpido
in cui abitava il suono
dell’anima,
mille foglie nuove frusciano
come uno sciacquio incessante.”
“Nel campo dove
i lunghi steli di tulipano
senza fiori
oscillano senza sosta,
sto guardando il vuoto.”
“S’agita l’acqua,
nel punto dove
s’alza la fiamma
sento tepore di mamma,
anche se lei non c’è più.”
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Ichiro Tsuruta
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Tsukamoto Kunio (1920-2005)
Nell’immagine: Kajita Hanko, “Crisantemi bianchi”, 1905 circa