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La tenda azzurra del cielo

30.03.2022

“Uomo non vidi che guardasse mai

    Con sì intensa pupilla

La breve tenda azzurra

     Che i prigionieri chiamano cielo”

Oscar Wilde, da “La Ballata del Carcere di Reading”

 

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Sandra Cunninggham

 

 

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Io guardo spesso il cielo

 

“Io guardo spesso il cielo. Lo guardo di mattino nelle
ore di luce e tutto il cielo s’attacca agli occhi e viene a bere,
e io a lui mi attacco,
come un vegetale
che si mangia la luce.”
Mariangela Gualtieri, da “Fuoco centrale e altre poesie per il teatro”, 2003

 

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Poco, mi serve
“Poco, mi serve.
Una crosta di pane,
un ditale di latte,
e questo cielo
e queste nuvole.”
Velimir Chlebnikov, da “Quarantasette poesie facili e una difficile”, 2009 – Traduzione di Paolo Nori
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Vincent van Gogh, “Vento”, 1883

 

 

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Il cielo

“Da qui si doveva cominciare: il cielo.
Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
Un’apertura e nulla più,
ma spalancata.

Non devo attendere una notte serena,
né alzare la testa,
per osservare il cielo.
L’ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
Il cielo mi avvolge ermeticamente
e mi solleva dal basso.

Perfino le montagne più alte
non sono più vicine al cielo
delle valli più profonde.
In nessun luogo ce n’è più
che in un altro.
La nuvola è schiacciata dal cielo
inesorabilmente come la tomba.
La talpa è al settimo cielo
come il gufo che scuote le ali.
La cosa che cade in un abisso
cade da cielo a cielo.

Friabili, fluenti, rocciosi,
infuocati e aerei,
distese di cielo, briciole di cielo,
folate e cumuli di cielo.
Il cielo è onnipresente
perfino nel buio sotto la pelle.

Mangio cielo, evacuo cielo.
Sono una trappola in trappola,
un abitante abitato,
un abbraccio abbracciato,
una domanda in risposta a una domanda.

La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare,
se dovessero cercarmi.
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.”

Wislawa Szymborska, “Il cielo”

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Mi sono svegliata con il cielo dentro

“Mi sono svegliata con il cielo dentro
qualcuno l’ha versato mentre dormivo
mi piacerebbe sapere chi, o almeno come.
Ecco perché non ti chiamo
perché non si può parlare
con il cielo così tutto incastonato.
All’aprire degli occhi
inizia a sgorgare il celeste
come cascate
e la lacrima si spezza:
non fa tanto male però tu sai – si tu sai.
Nessuno vuole disfarsi del cielo dopo averlo bevuto
tutto”

Amanda Durán (poetessa cilena)

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René Magritte, “Il riconoscimento infinito”, 1963

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Il cielo in me
“Io non devo scordare
che il cielo
fu in me.
Tu
eri il cielo in me,
che non parlavi
mai del mio volto, ma solo
quand’io parlavo di Dio
mi toccavi la fronte
con lievi dita e dicevi:
– Sei più bella così, quando pensi
le cose buone –
Tu
eri il cielo in me,
che non mi amavi per la mia persona
ma per quel seme
di bene
che dormiva in me.
E se l’angoscia delle cose a un lungo
pianto mi costringeva,
tu con forti dita
mi asciugavi le lacrime e dicevi:
– Come potrai domani esser la mamma
del nostro bimbo, se ora piangi così? –
Tu
eri il cielo in me,
che non mi amavi
per la mia vita
ma per l’altra vita
che poteva destarsi
in me.
Tu
eri il cielo in me
il gran sole che muta
in foglie trasparenti le zolle
e chi volle colpirti
vide uscirsi di mano
uccelli
anzi che pietre
– uccelli –
e le lor piume scrivevano nel cielo
vivo il tuo nome
come nei miracoli antichi.
Io non devo scordare
che il cielo
fu in me.
E quando per le strade – avanti
che sia sera –
m’aggiro
ancora voglio
essere una finestra che cammina,
aperta, col suo lembo
di azzurro che la colma.
Ancora voglio
che s’oda a stormo battere il mio cuore
in alto
come un nido di campane.
E che le cose oscure della terra
non abbiano potere
altro – su me,
che quello di martelli lievi
a scendere
sulla nudità cerula dell’anima
solo
il tuo nome.”
Antonia Pozzi, “Il cielo in me”, da “Parole. Liriche”
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John Constable, “Studio di nuvole a Hampstead, 11 settembre 1821

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Mi sono svegliata con il cielo dentro
“Mi sono svegliata con il cielo dentro
qualcuno l’ha versato mentre dormivo
mi piacerebbe sapere chi, o almeno come.
Ecco perché non ti chiamo
perché non si può parlare
con il cielo così tutto incastonato.
All’aprire degli occhi
inizia a sgorgare il celeste
come cascate
e la lacrima si spezza:
non fa tanto male però tu sai – si tu sai.
Nessuno vuole disfarsi del cielo dopo averlo bevuto
tutto”
Amanda Durán (poetessa cilena)
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René Magritte, “La science des rêves”, 1950 
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Nell’immagine in evidenza: Andrea Mantegna, “Camera picta” (“La camera degli sposi”), Palazzo Ducale di Mantova, 1465-1474

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